Si ringrazia Elena Paruolo per questo suo contributo.
Al teatro Verdi di Salerno, con regia di Alfonso Signorini e direzione del
maestro Daniel Oren – torna in scena Tosca, immortale opera lirica del
grande Giacomo Puccini (su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica) che –
sin dai primi accordi – regala intense emozioni.
Ricca di colpi di scena,
Tosca tiene lo spettatore in costante
tensione. E il discorso musicale si evolve in modo altrettanto rapido,
passando (con tutta la sua ricchezza di continui cambiamenti di colori,
dinamiche e tempi) da brevi incisi tematici spesso costruiti su armonie
dissonanti, a melodie, e a sonorità che anticipano l’estetica
dell’espressionismo musicale tedesco.
La trama si svolge a Roma nell’atmosfera segnata dall’eco degli avvenimenti
rivoluzionari in Francia, e dalla caduta della prima Repubblica Romana, dopo la
battaglia di Marengo,
Angelotti, bonapartista ed ex console della Repubblica Romana, fuggito dalla
prigione trova rifugio nella Basilica di Sant’Andrea della Valle, dove la
marchesa Attavanti, sua sorella, gli ha fatto trovare le chiavi della sua
cappella. Vi incontra il cavalier Mario Cavaradossi che nel suo quadro –
nella figura di Maddalena – ha ritratto (a sua insaputa) la bella
marchese. Mentre preparano un piano di fuga, arriva Tosca, amante di
Cavaradossi, che – visto il ritratto – fa una scenata di gelosia a Mario che, a
fatica riesce a calmarla e congedarla.
Tosca allontanatasi, Angelotti esce dal nascondiglio e riprende il dialogo
con Mario che gli offre protezione, e decide di accompagnare Angelotti per
coprirlo nella fuga. Portano con loro il travestimento femminile, dimenticando
però il ventaglio nella cappella.
La falsa notizia della vittoria delle truppe austriache su Napoleone a
Marengo fa esplodere la gioia nel sagrestano. Ma improvvisamente sopraggiunge
con i suoi scagnozzi il barone Scarpia, capo della polizia papalina che, sulle
tracce di Angelotti, sospetta fortemente di Mario, anch’egli bonapartista.
Trovato il ventaglio dimenticato da Angelotti, Scarpia cerca di coinvolgere
Tosca, di cui è segretamente innamorato, ritornata in chiesa per informare
l’amante che il loro progetto amoroso per la serata, era sfumato, in quanto
chiamata a cantare a Palazzo Farnese per festeggiare l’avvenimento militare.
Usando il ventaglio dimenticato, Scarpia suscita la morbosa gelosia di
Tosca. Ed immagina con gioia feroce sia l’impiccagione di Cavaradossi che di
avere Tosca fra le sue braccia.
Furente Tosca, seguita dai gendarmi, li porta a sua insaputa fino alla
villetta di Mario, in cui comprende il grave errore causato dalla sua gelosia.
Gli sbirri perquisiscono a fondo la dimora. Ma non trovano Angelotti. Mario –
arrestato e portato al cospetto di Scarpia – dopo il suo rifiuto di
rivelare il nascondiglio di Angelotti è sottoposto a torture.
Tosca – che poco prima aveva eseguito una cantata al piano superiore del
Palazzo Farnese – viene convocata da Scarpia, il quale fa in modo che ella
possa udire le urla di Mario. Stremata dalle grida dell’uomo amato, la cantante
rivela a Scarpia il nascondiglio dell’evaso.
Mario, condotto alla presenza di Scarpia, apprende del tradimento di Tosca e
si rifiuta di abbracciarla. Intanto arriva un messo ad annunciare che la
notizia della vittoria delle truppe austriache era falsa, e che invece è stato
Napoleone a sconfiggere gli austriaci a Marengo.
Mario inneggia ad alta voce alla vittoria. E Scarpia lo condanna immediatamente
a morte per impiccagione, facendolo condurre via. Più tardi arriva anche
la notizia che Angelotti si è suicidato all’arrivo degli sbirri. Scarpia
ordina che il suo cadavere sia impiccato accanto a Cavaradossi.
Disperata, Tosca chiede a Scarpia di accordare la grazia a Mario. Il barone
acconsente solo a patto che lei gli si conceda.
Anche se inorridita, Tosca gli dice che gli si concederà.
Scarpia convoca quindi Spoletta e, con un gesto d’intesa, fa credere a Tosca
che Cavaradossi sarà fintamente giustiziato mediante una fucilazione simulata,
con fucili caricati a salve. Dopo aver scritto il salvacondotto che permetterà
agli amanti di raggiungere Civitavecchi, Scarpia si avvicina a Tosca per
riscuotere quanto pattuito, ma questa, che nel frattempo aveva preso un
coltello dal tavolo, lo colpisce dritto al cuore e Scarpia muore. E –
preso il salvacondotto – scappa via.
È l’alba. In lontananza un giovane pastore canta una malinconica canzone in
romanesco. Sui bastioni di Castel Sant’Angelo, Mario – pronto a morire – inizia
a scrivere un’ultima lettera d’amore alla sua amante, ma, sopraffatto dai
ricordi, non riesce a terminarla. Arrivata inaspettatamente, Tosca gli spiega
di essere stata costretta ad uccidere Scarpia. Mostrando il salvacondotto, lo
informa della fucilazione simulata, e scherzando, gli raccomanda di fingere
bene la morte.
Mario però viene fucilato veramente. Tosca – sconvolta e inseguita dai
poliziotti che hanno trovato il cadavere di Scarpia – grida “
O
Scarpia, avanti a Dio!”
E si getta dagli spalti del castello.
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