Al teatro Quirino – liberamente ispirato al racconto di Herman Melville (autore anche del celebre di Moby Dick) – è in scena Bartleby lo scrivano di Francesco Niccolini. Qui di seguito, la sua trama.
Un giorno, nell’ufficio di un anonimo avvocato – dove tutto avviene sempre in estrema monotonia, e in cui ci sono due impiegati che si odiano, una segretaria civettuola, e una donna delle pulizie fin troppo invadente – viene assunto Bartleby, un nuovo scrivano. Bartleby copia e compila diligentemente le carte che il suo padrone gli passa. Finché – un giorno – decide di rispondere a qualsiasi richiesta, con un: “Avrei preferenza di no”. Da allora, sta inerte alla scrivania, o in piedi per ore a guardare verso la finestra. Smette di uscire durante le pause. Arriverà a dormire di nascosto nell’ufficio. Non beve e non mangia.
Perché? Perché non è possibile salvarlo? Perché non vuole essere salvato?
“Abituati all’idea di sviluppo e crescita senza limite con la quale siamo cresciuti – sottolinea FrancescoNiccolini – Bartleby ci lascia spiazzati: in lui nessuna aspirazione alla grandezza, solo rinuncia, in barba ai vincenti, ai sorrisi a trentadue denti, agli eternamente promossi e ai trend di crescita”.
“L’oceano di Moby Dick – sottolinea il regista Emanuele Gamba – si è trasformato nel mare dell’economia e della produttività. L’ossessionato e ossessivo capitano si è trasformato in Bartleby che avvia un inesorabile processo dubitativo di disgregazione di un moloch che si incarna nel binomio ‘lavoro/dovere’. Bartleby si incunea e si incista nella storia positiva di Wall Street ma non è un batterio che ammalerà l’ambiente. E’ la cura che proverà a salvare un mondo malato che si nutre di numeri e algoritmi. Per tutto il tempo cerca il raggio di sole che una volta al giorno entra nell’ufficio sepolcro: forse Bartleby è principalmente questo, un seme che eroicamente, pervicacemente grida sottovoce il proprio diritto alla scelta e alla libertà. E si fa filo d’erba in mezzo al cemento, contro tutto, ma per tutti”.