Archive for ottobre 2018

Il fu Mattia Pascal al teatro Quirino-Roma (6-18 novembre 2018)

ottobre 29, 2018

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Il celebre romanzo Il fu Mattia Pascal (nel 1904 apparso dapprima a puntate sulla rivista Nuova Antologia,  e poi in volume), primo grande successo di Luigi Pirandello, sarà in scena al teatro Quirino , grazie a Arca Azzurra teatro La Contrada Teatro stabile di trento ABC produzioni –  con Rosario Coppolino e Maria  Rosaria Carli, Giovanni Maria Briganti, Adriano Giraldi, Diana Hobel, Marzia Postogna, e Vincenzo Volo – scene  di Salvo Manciagli, costumi di Françoise Raybaud, musiche di Massimiliano Pace: adattamento di Daniele Pecci,  regia di Guglielmo Ferro.

Bravo Daniele Pecci nel non facile ruolo di Mattia Pascal e bravi tutti! Belle anche le musiche.

Per chi non la ricordasse, questa è la sua trama…

Mattia Pascal vive a Miragno, dove il padre ha lasciato in eredità la miniera di zolfo alla moglie e ai due figli. Un disonesto amministratore – Batta Malagna che gestisce il patrimonio – sposa Oliva.
Romilda, di cui Pomino è innamorato, si innamora a sua volta di Mattia che – ricambiando l’amore – la mette incinta.Quando Oliva capisce che Malagna non è il vero padre del bambino che aspetta Romilda, Mattia le dice che lei deve far credere al marito che lui può veramente avere un figlio e la mette incinta.
Quando la madre va su tutte le furie sapendola incinta, Romilda chiede aiuto a Malagna, che accetta come suo il figlio che sarebbe nato da Romilda.
Ma quando anche la moglie resta incinta, dovrà fare da padre al bambino che Oliva aspetta da Mattia.
Mattia è costretto a sposare Romilda: invidiosa del figlio che sarebbe nato ad Oliva tra gli agi, al contrario del suo che verrà al mondo nell’incertezza del domani.
Per salvare il podere della Stia col mulino, i Pascal devono vendere le case. Grazie a Pomino, Mattia diventa bibliotecario. Una delle sue bambine muore lo stesso giorno di sua madre. Dopo una delle consuete liti con Romilda e sua madre – stanco della sua miserabile vita – Mattia fugge dal paese. Grazie al gioco alla roulette, Mattia diventa ricco.
Decide di ritornare a casa per riscattare i suoi averi e vendicarsi dei soprusi della suocera. Ma un altro fatto muta il suo destino: legge su un giornale che a Miragno è stato ritrovato il cadavere di Mattia Pascal, scomparso da molti giorni, suicidatosi per dissesti finanziari. Sebbene sconvolto, comprende presto che, credendolo tutti morto, può avere un’altra vita. Prende lo pseudonimo di Adriano Meis. Ma ben presto si rende conto che la sua esistenza è fittizia. Infatti, non essendo registrato all’anagrafe, non può sposare Adriana, non può denunciare un furto subìto, e non può svolgere alcuna delle normali attività quotidiane, poiché privo di identità.
Così finge  un suicidio.
Ritorna a Miragno sotto il nome di Mattia Pascal. Sono intanto trascorsi due anni e arrivato al paese, Mattia scopre che la moglie si è risposata con Pomino e ha avuto una bambina. Si ritira così dalla vita. Trascorre le sue giornate nella biblioteca per scrivere la sua storia, e ogni tanto si reca al cimitero per portare sulla tomba del “fu Mattia Pascal” una corona di fiori. Alla fine lascerà il suo manoscritto – nella biblioteca dove aveva lavorato – con l’obbligo però di aprirlo soltanto cinquant’anni dopo la sua terza, ultima e definitiva morte.

V. anche:

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10213203496578953&id=1141940195

 

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IVA ZANICCHI UNA VITA DA ZINGARA al qteatro Brancaccio (Roma) – 7 novembre 2018

ottobre 29, 2018

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Con la formula del teatro canzone, dove alla parola si alterna la musica, “Iva Zanicchi – Una vita da Zingara” è un “One Iva Show” ma è anche uno spettacolo che racconta ricordi familiari e aneddoti (inediti) di una delle regine della canzone italiana: la bisnonna, suo padre, sua madre, la vita sulle montagne, e poi i concerti, le prime tournée tournée in Giappone e in Russia, i suoi grandi incontri (come quello col poeta Giuseppe Ungaretti), fino a successi immortali – come Testarda io, Zingara, La riva bianca e la riva nera, Io ti darò di più, Come ti vorrei, Un uomo senza tempo e brani di artisti quali Edith Piaf, Charles Aznavour, Modugno, Marcella Bella.

Il testo di questo bello spettacolo – in cui Iva è accompagnata da un’orchestra dal vivo e dalle più belle immagini della sua vita artistica proiettate su un mega schermo – è stato scritto da Iva Zanicchi e Mario Audino.

Arrangiamenti e direzione orchestra sono di M. Stefano Zavattoni, la regia è di Paola Galassi.

NOVECENTO al teatro Flaiano (Roma) 25 ottobre -11 novembre 2018

ottobre 25, 2018

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Mettendo a frutto tutte le sue doti interpretative, il bravissimo Antonello Avallone, al teatro Flaiano, in questo bello spettacolo  –  NOVECENTO (sua regia – scene e costumi di Red Bodò) – si cimenta con il bellissimo monologo di Baricco, da cui è stato tratto il famoso film “La leggenda del pianista sull’Oceano”.  

Interpretazione eccellente, la sua,  di tutte le emozioni (dal sorriso al pianto, dalla comicità al dramma, dall’ironia al surreale) con una musica jazz di sottofondo che spesso diventa travolgente protagonista della storia di un pianista eccezionale, capace di suonare una musica meravigliosa.

 

GORGA – IL COLLEZIONISTA – DALLA BOHÈME A PALAZZO ALTEMPS

ottobre 23, 2018

GORGA – IL COLLEZIONISTA – DALLA BOHÈME A PALAZZO ALTEMPS: il 28 ottobre 2018, anteprima teatrale dell’atto unico di Maria Letizia Compatangelo, con Gino Auriuso, presso Palazzo Altemps del Museo Nazionale Romano.

Seguirà poi lo spettacolo – al Teatro Tordinona – da 28 ottobre al 4 novembre, e dall’8 all’11 novembre 2018.

La rappresentazione teatrale rievoca l’atmosfera della Roma cosmopolita e decadente di fine ‘800 – inizi ‘900: anni dei grandi scavi archeologici (nel Foro Romano, sul Palatino, nel Colosseo, lungo la via Appia e nel suburbio) in cui, nella capitale, si moltiplicano botteghe di antiquari, presso cui si riforniscono i collezionisti di tutta Europa.  

Lo spettacolo – scene e costumi di Alessandro Gilleri, luci di Marco Macrini, sartoria Slow Costume Roma, assistente scena e costumi Eleonora Scarponi – ripercorre la storia di Evan Gorga (1865-1957). Il giovane Evan – nonostante l’opposizione dei genitori –  inizia una breve ma folgorante carriera di tenore che lo condurrà, trentenne, a interpretare il poeta Rodolfo nella prima assoluta de La Bohème di Giacomo Puccini al Teatro Regio di Torino.  Nel 1899, non più giovanissimo, forse per problemi di salute, abbandona le scene e si dedica esclusivamente al suo hobby: “la raccolta di strumenti musicali e di oggetti che documentino la civiltà dei popoli nella religione, nelle scienze, nelle arti e nel lavoro, dai tempi protostorici all’epoca contemporanea” (E. Gorga, 1929).

La sua eclettica raccolta di archeologia (acquisita dallo Stato nel 1950, e da allora conservata presso il Museo Nazionale Romano) – da lui definita “il Museo Enciclopedico, che comprende tutto lo scibile, dall’Arcaico ai giorni nostri” – comprende una miriade di oggetti dalle antichità romane, alle magnogreche, alle etrusche, alle egizie, dai materiali più nobili fino all’umile terracotta.  Dopo il gran successo della sua esposizione nella Mostra (19 ottobre 2013 – 12 gennaio 2014) “Evan Gorga. Il collezionista” – curata da Alessandra Capodiferro (responsabile di Palazzo Altemps) coadiuvata da uno studio di Mariarosaria Barbera – la raccolta di oggetti è entrata a far parte della collezione permanente del Museo, che, fino ad allora incentrata sul collezionismo delle grandi famiglie rinascimentali del Cinque-Seicento, con l’occasione si è aperta al Novecento.

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SHAKESPERARE IN LOVE (24 OTTOBRE all’11 NOVEMBRE 2018) al Teatro Brancaccio (Roma)

ottobre 22, 2018

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Shakespeare in Love: il Teatro del Teatro, il Teatro nel Teatro” – scritto da Lee Hall e diretto da Giampiero Solari e Bruno Fornasari (come regista associato) – è un adattamento teatrale dello spettacolo  hollywoodiano (vincitore di 7 oscar) scritto da Lee Hall.

Tra duelli, scambi d’identità e il dietro le quinte di spassose farse elisabettiane è – oltre che  una commedia degli equivoci (rocambolesca ed esilarante) e una commedia romantica –  anche una rappresentazione suggestiva del mondo teatrale.  Costruita su un meccanismo di piattaforme scorrevoli , la scena rassomiglia a un carillon, che catapulta lo spettatore dentro e fuori le quinte.

La sua trama?   Chi ha visto il film con sceneggiature di Marc Norman e Tom Stoppard, certamente ricorderà il racconto di una passionale storia d’amore tra Will Shakespeare/Romeo e Viola/Giulietta… Nella Londra elisabettiana W. Shakespeare, autore emergente, non riuscendo a scrivere il copione che gli è stato commissionato, vaga per la città in cerca d’ispirazione finché non incontra Viola De Lesseps che (camuffata da ragazzo) si presenta per l’audizione dello spettacolo, determinata a realizzare il sogno di poter recitare su un palcoscenico allora vietato alle donne. Dopo che Will Shakespeare ha scoperto la vera identità della ragazza, tra i due,  scoppia la passione e il giovane autore ritrova la sua Musa. Ma Viola è già promessa sposa al potente Lord Wessex e – proprio come per Romeo e Giulietta – tra i due giovani l’amore sembra impossibile.

La vicenda – precisa il regista – costruisce un parallelo tra la vita di Shakespeare e l’opera “Romeo e Giulietta”. La storia viene immersa, contaminata ed aggredita dal mondo eccessivo e vivace dell’epoca Elisabettiana, periodo storico in cui il Teatro Inglese vive il suo momento più alto e produttivo. Quest’ambientazione diventa non soltanto fonte di energia e creatività, ma anche di minaccia per questa meravigliosa storia d’amore, minata dalle leggi dell’epoca. La vicenda è anch’essa ambientata su un palcoscenico elisabettiano, dove si mischiano i ruoli interpretati dagli attori e la vita più intima e privata. È su questo palcoscenico che nasce l’amore tra i due protagonisti, un amore che si intreccia alle regole della corte della Regina, attraverso le danze, gli insulti, le grida e la morte”.

Shakespeare in love – sottolinea il traduttore Edoardo Erba è uno spettacolo incalzante, che non concede al pubblico un momento di respiro, pieno di colori e di musica, dove l’azione realistica e gli immortali versi del bardo si mescolano con una naturalezza emozionante. Marlowe, la Regina Elisabetta, un giovanissimo John Webster sono solo alcuni dei grandi personaggi che animano la storia. Una storia che potrebbe diventare tragedia come Romeo e Giulietta, ma trova invece un finale meno drammatico. E se l’amore dei due amanti è costretto a perdere, è l’amore per il Teatro e per la Poesia che vince su tutto.

Immaginatevi  Shakespeare giovane, vivo, travolto dalla passione, che ama il Teatro e insieme lo odia come tutti i teatranti veri, Shakespeare che crea Romeo e Giulietta traducendo sul foglio di carta l’amore impossibile che sta vivendo per  una gentildonna, Viola De Lesseps. Oppure pensate a  Tom Stoppard e Marc Norman che riscrivendo la tragedia dei due amanti, inventano una Giulietta che si chiama Viola e un Romeo che si chiama Shakespeare. Stoppard e Norman che ci regalano un affresco del teatro elisabettiano come non l’abbiamo mai visto, energetico e coloratissimo. Shakespere in love è tutto questo e molto altro”.

Lo spettacolo  ha un cast  di eccellenza, giovane e numeroso,  composto da 19 bravissimi interpreti e Gulliver, cane  preferito dalla regina Elisabetta.

MUSICHE DI PADDY CUNNEEN – TRADUZIONE EDOARDO ERBA –- CON LUCIA LAVIA – VIOLA DE LESSEPS/THOMAS KENT e MARCO DE GAUDIO – WILL SHAKESPEARE –– E E CON LISA ANGELILLO, STEFANO ANNONI, LUIGI AQUILINO, ROBERTA AZZARONE, MICHELE BERNARDI, LORENZO CARMAGNINI, MICHELE DE PAOLA, NICOLÒ GIACALONE, CARLO AMLETO GIAMMUSSO, ROSA LEO SERVIDIO, PIETRO MASOTTI, GIUSEPPE PALASCIANO, EDOARDO RIVOIRA, ALESSANDRO SAVARESE, GIUSEPPE SCODITTI, FILIPPO USELLINI, DANIELE VAGNOZZI, GULLIVER — SCENE PATRIZIA BOCCONI, COSTUMI ERIKA CARRETTA, REALIZZAZIONE VIDEO SCENOGRAFICA CRISTINA REDINI, COREOGRAFIE E COMBATTIMENTI BIAGIO CARAVANO, AIUTO REGIA DAFNE NIGLIO, DISEGNO SUONO EMANUELE CARLUCCI, DIREZIONE MUSICALE MATTEO CASTELLI, DIRETTORE DI PRODUZIONE CARLO BUTTO’, DIREZIONE ARTISTICA OTI ALESSANDRO LONGOBARDI – PRODUZIONE ALESSANDRO LONGOBARDI PER OFFICINE DEL TEATRO ITALIANO

 

Accademia di Santa Cecilia Roma (20 ottobre 2018): splendido omaggio al grande, geniale e straordinario, Ennio Morricone, nel quadro di “Un organo per Roma”

ottobre 21, 2018

 

 

 

Cyrano de Bergerac al teatro Eliseo (Roma) – 30 ottobre – 25 novembre 2018

ottobre 20, 2018

Cyrano de Bergerac è una celebre commedia teatrale pubblicata nel 1897 dal poeta drammatico francese Edmond Rostand   in cui due sentimenti fondamentali come l’amore e l’amicizia trovano la loro estrema sublimazione.

La trama è nota. 

Cyrano de Bergerac – oltre che uno scontroso spadaccino dal lunghissimo naso – è un bravo scrittore, e poeta, che ama mettere in ridicolo potenti e prepotenti. Segretamente innamorato della bella Rossana, per sua stessa confidenza, scopre il suo amore per un altro uomo – il cadetto, Cristiano de Neuvillette di cui si è innamorata a prima vista, sebbene non abbia mai scambiato una parola con lui – e deve prometterle di prendersene cura.   Ma – successivamente – tra i Cyrano e Cristiano nasce una bella amicizia.  Cristiano è bello, onesto, coraggioso e leale, ma carente di poesia cui Rossana anela. Cyrano decide di aiutarlo: prima si improvvisa come “suggeritore”, poi lui stesso parla spacciandosi per l’amico…   Così il buon Cristiano riesce a conquistare la sua amata. Ma l’unione tra i due giovani è osteggiata dal potente di turno (De Guiche) che – invaghitosi della bella – che approfitta della guerra per inviare Cristiano al fronte, dove finisce anche Cyrano.   Tutti i giorni Cyrano scrive una lettera per l’amata e tutte le notti attraversa le lin9ee nemiche per farla recapitare: questo Cristiano non lo sa. Un bel giorno Rossana – travolta dalla impetuosità del sentimento manifestato in tutte le lettere ricevute – sfida ogni pericolo per rivedere il suo amato. Cristiano, che quelle lettere non le ha scritte, chiede a Cyrano di dire la verità a Rossana perché lei possa a sua volta capire chi ama veramente tra i due; e si lancia in una pericolosa missione. Poi, ferito molto gravemente – sul punto di morte –chiede a Cyrano chi è stato scelto. Mentendo, l’amico gli dice che è lui.    Rossana – a cui Cyrano non dirà mai nulla – decide di ritirarsi in convento. Per anni, ogni sabato, Cyrano le farà visita in convento in visita alla cugina… anche dopo una terribile ferita che gli vien fatta in un vile agguato. Alla fine Rossana capirà che è Cyrano il vero protagonista di tutti i suoi sogni. Ma ormai è troppo tardi, Cyrano muore.

Nel 2018, questa bella commedia apre la stagione 2018-2019 dell’Eliseo, con  adattamento e regia di Nicoletta Robello Bracciforti, produzione Teatro Eliseo. 

Non poteva esserci un testo più giusto del Cyrano di Rostand – sottolinea Nicoletta Robello Bracciforti – per festeggiare il Centenario di un teatro tanto simbolico per l’Italia come il Teatro Eliseo. Perché parla del senso dell’arte e, per farlo, imbastisce uno splendente gioco per attori.  Il meccanismo del gioco teatrale è alla base stessa del Cyrano: la finzione nella quale si avventurano Cristiano e Cyrano per conquistare Rossana ha il sapore di una interpretazione e il bel viso di Cristiano non è che la maschera dietro alla quale si nasconde l’animo del poeta, proprio come accade nella recitazione. E come nel teatro, le parole scritte da Cyrano per conto di Cristiano, esprimono l’infinito potere di seduzione che poesia e bellezza hanno sul cuore degli uomini. L’arte insomma ha una funzione molto concreta e il palcoscenico del teatro è il luogo per celebrarla.  Quello che emerge, più di ogni altra cosa, è la parola perfetta, la sua forza di persuasione, che seduce più di ogni bellezza, fa volare Rossana e spinge gli uomini a voler raggiungere la luna, con mezzi meccanici o slanci fantastici. Perché la fantascienza, di cui Cyrano de Bergerac è riconosciuto precursore, non è che una visione del mondo, un’immagine che spinge il mondo a cambiare sul serio, che lo trasforma. Le parole, dice Rostand, sono potenti e creatrici, ed è bene averlo sempre presente”.

Cyrano de Bergerac – sottolinea Luca Barbareschi che interpreta Cyrano – è un’opera teatrale rivoluzionaria. Il monologo del secondo atto ‘No grazie!’ è di una attualità assoluta: ai vizi provenienti dalla mancanza di dignità (l’assoggettamento al potere, il servilismo alle convenzioni e alla politica, la consuetudine alla raccomandazione, il timore della sconfitta) Cyrano contrappone la dignità del lavoro. (..) Rostand affida alle parole del suo protagonista concetti che sono i pilastri di quello che dovrebbe essere il rapporto tra il singolo e il mondo: la dignità dell’uomo e la libertà delle idee. Ma Cyrano non è un anarchico, è un militare, è un guascone al servizio del Re. Vive all’interno delle regole e pur sfidando De Guiche, lo affronta non a duello ma a parole”. Inoltre è una “drammaturgia straordinaria che racconta la Storia di tutte le storie d’amore”.

Con Luca Barbareschi sono in scena Linda Gennari Duilio Paciello Thomas Trabacchi Duccio Camerini Massimo De Lorenzo: e ancora Valeria Angelozzi, Federica Fabiani, Alessandro Federico, Raffaele Gangale, Federico Le Pera, Gerardo Maffei Matteo Palazzo, Carlo Ragone, Alberto Torquati e allievi e allieve del corso di Recitazione della Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté, Marilena Annibali, Francesca Antonini, Marco Cicalese, Lia Grieco, Marlon Joubert, Valerio Legrottaglie, Romana Maggiora, Gelsomina Pascucci, Federica Torchetti. Le scene sono affidate a Matteo Soltanto, i costumi a Silvia Bisconti, le luci a Pietro Sperduti. Le musiche ooriginali sono di Arturo Annecchino. L’assistente ai movimenti di scena e maestro d’armi èAlberto Bellandi . Il Vocal Coach di Elisabetta Mazzullo

PIERO TOSI. ESERCIZI SULLA BELLEZZA. GLI ANNI DEL CSC 1988 – 2016 -Al Palazzo delle esposizoni (ROMA) 16 ottobre 2018 – 20 gennaio 2019

ottobre 19, 2018

Nato a Sesto Fiorentino nel 1927, Piero Tosi è stato uno dei più geniali creatori di costumi per il cinema, per il teatro, per l’opera lirica e per la televisione. Il suo magistero è riconosciuto in tutto il mondo, come testimonia l’Oscar alla carriera ricevuto dalla Academy of Motion Pictures Arts and Sciences assegnatogli nel 2013, dopo cinque candidature all’Oscar per film quali “Il Gattopardo”, “Morte a Venezia”, “Ludwig”, “Il vizietto” e “La Traviata”.

In 28 anni di lavoro al Centro Sperimentale (dal 1988 al 2016) ha formato decine di talenti, da Massimo Cantini Parrini a Daniela Ciancio, da Andrea Cavalletto ad Andrea Sorrentino, e ha lavorato con tutti i giovani attori e registi che si sono formati al CSC in quei decenni. La mostra racconta questo lavoro e questa missione, che sono inestricabilmente legati al lavoro che Tosi svolge in parallelo sui set e sui palcoscenici di tutto il mondo.

I MISERABILI (Les misérables) al Teatro Quirino (Roma) 23 ottobre – 4 novembre 2018

ottobre 17, 2018

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I miserabili (Les Misérables) è un romanzo storico di v1ictor Hugo, pubblicato nel 1862 e considerato uno dei più eccelsi romanzi del XIX secolo europeo. Il libro è ambientato in un arco temporale che va dal 1815 al 1832, dalla Francia della Restaurazione post-napoleonica alla rivolta anti-monarchica del giugno 1832, narrando le vicende di numerosi personaggi: in particolare la vita dell’ex galeotto Jean Valiean e le sue lotte per la redenzione. I suoi personaggi appartengono agli strati più bassi della società francese dell’Ottocento, i cosiddetti “miserabili” (persone cadute in miseria, ex forzati, prostitute, monelli di strada, studenti in povertà…) la cui condizione non era mutata né con la Rivoluzione né con Napoleone, o Luigi XVIII. È una storia di cadute e di risalite, di peccati e di redenzione. Il grande eroe è il popolo, rappresentato da Jean Valjean, fondamentalmente buono e ingiustamente condannato per un reato insignificante.

Hugo riassunse così l’opera: «Il destino e in particolare la vita, il tempo e in particolare il secolo, l’uomo e in particolare il popolo, Dio e in particolare il mondo, ecco quello che ho cercato di mettere in quel libro».   E, in effetti, con la storia del generoso galeotto Jean Valjean, di Fantine e di sua figlia Cosette, dell’oscuro Javert, dei Thénardier, di Marius, Gavroche, Eponine, e di tutti gli altri, questo capolavoro di Higo parla a ogni epoca come se ne fosse l’espressione diretta, perché tocca grandi temi universali quali la dignità, il dolore, la misericordia, la giustizia, il male, la redenzione.

Dal 23 ottobre, i “Miserabili” sono in scena al teatro Quirino, nell’adattamento di Luca Doninelli, con regia di Franco Però e Franco Branciaroli nel ruolo di Jean Valjean, e con un eccellente cast d’interpreti (Alessandro Albertin, Silvia Altrui, Filippo Borghi, Romina Colbasso, Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Andrea Germani, Riccardo Maranzana, Francesco Migliaccio, Jacopo Morra, Maria Grazia Plos, Valentina Violo).   E’ un nuovo, imponente, progetto di produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, del CTB- Centro Teatrale Bresciano e del Teatro de gli Incamminati.

In un percorso avventuroso” – sottolinea Franco Branciaroli – rappresentando I Miserabili rappresento anche me stesso e la mia arte (il teatro): “come la società, anche il Teatro è stratificato, e conosce doppi e tripli fondi, secondo un gioco necessario che per qualcuno è incanto, o magia, e per qualcun altro è Fato”.

Ovidio, Amori miti e altre storie – Grande mostra alle Scuderie del Quirinale (Roma17 ottobre 2018 -20 gennaio 2019)

ottobre 16, 2018

Nel bimillenario della sua morte –  volendo dimostrare il suo ruolo di eterna fonte d’ispirazione (soprattutto  per pittori e scultori tra Rinascimento e Barocco  dal ‘400 al ‘700 –  quali Benvenuto Cellini, Tintoretto, Ribera, Poussin, Batoni – ma anche di artisti contemporanei quali Joseph Kosuth e la sua installazione al neon)  –  la mostra  è dedicata al poeta latino Ovidio: il più “femminista” tra questi poeti, e il primo poeta antico che si è posto in conflitto con ogni forma di violazione della libertà della persona (sfera religiosa ecc.).  Basti qui pensare alla Lex Iulia de adulteriis e ai suoi versi.”Non siete andati a letto insieme per obbligo di legge: per voi ha vigore di legge solo Amore”.

Curata da Francesca Ghedini, la rassegna presenta 250 opere in prestito da circa 80 musei (italiani e stranieri) ed ha come tema dominante l’amore. Il suo percorso si snoda  tra affreschi provenienti da Pompei, sculture d’età imperiale, antichi testi e opere  (quali la “Venere pudica” di Botticelli o la “Venere Callipigia” del Museo archeologico nazionale di Napoli).  Bacco o Narciso, fanciulle amate, abbandonate e rapite,  o giovani dai tragici destini:  la loro scelta costruisce anche essa  una narrazione di tormentate vicende amorose  che si concludono con una trasformazione: la metamorfosi di Ermafrodite. La storia di Ermafrodito e Salmacide, nella memoria collettiva, è quella che ci viene trasmessa da Ovidio nel libro IV delle Metamorfosi.

Protagonista del racconto è un giovane di quindici anni, figlio di Ermes ed Afrodite, nel cui volto si riconoscono i tratti di entrambi i genitori, dai quali trasse anche il nome che Ovidio non dirà se non al termine dell’episodio del mito. Il giovane, bramoso di avventure, decide di abbandonare il luogo natio per viaggiare e scoprire il mondo. Giunto in Caria, nel territorio di Alicarnasso, si imbatte in uno stagno d’acqua limpidissima dove vive una ninfa di nome Salmacide. L’incontro tra i due mette in moto una precipitosa catena di eventi che vede la ninfa invaghirsi all’istante del giovane. Dapprima prova a sedurlo con le parole che Odisseo rivolge a Nausicaa. Poi – in preda all’eros – tenta di gettarglisi al collo, ma la minaccia del contatto fisico sembra scuotere il giovane che la respinge. Mentre – pensandosi al sicuro – il giovane si denuda per enteare nello stagno, la ninfa non sapendo più dominarsi si getta nuda in acqua. Segue una lotta che capovolge ogni aspettativa e rovescia i ruoli. Il ragazzo resiste e continua a respingerla, la giovane lotta e cerca di avvinghiarsi a lui, lo bacia, lo tocca e rivolge un’inaspettata preghiera agli dei affinché mai la separino dall’amato. Sorprendentemente gli dei esaudiscono la preghiera in favore dell’assalitrice e a discapito della vittima. I corpi avvinghiati si fondono e assumono un “unico aspetto”, una duplice forma né donna né fanciullo eppure simile ad entrambi. La nuova creatura è una fusione di due generi anche se ad uscire dalle acque è in effetti il solo fanciullo di cui Ovidio svela finalmente il nome, Ermafrodito, entrato in acqua uomo ed uscitone uomo a metà.  A differenza però degli altri amori negati, la metamorfosi di Ermafrodito non riguarda solo l’aspetto fisico, ma anche la personalità che unisce e fonde due creature con animi ben distinti tra loro; quella del timido e irrequieto Ermafrodito e quello della ribelle e aggressiva Salmacide.    E’ assolutamente originale quello che Ovidio scrive del mito nelle Metamorfosi.

La figura di Salmacide è quella che più di tutte rompe gli schemi tradizionali del rapporto uomo-donna: ninfa ribelle e aggressiva, dedica il suo tempo, come una matrona dell’alta società romana, alle cure di bellezza e inoltre tenta in tutti i modi di conquistare Ermafrodito usando la forza e le stesse strategie che solitamente usano gli dei per conquistare le ninfe (parole seduttive di Odisseo, prima assalto fisico, dopo). A questo stravolgimento dei ruoli, risponde anche la metamorfosi che non interviene per salvare la vittima che implora aiuto ma agisce per esaudire le richieste capricciose del carnefice, la ninfa, che chiede di divenire con il malcapitato un unico essere. La trasformazione che ne deriva snatura di fatto l’identità della vittima condannata ad essere unita per sempre al suo assalitore.

Maestro di eros, bellezza e seduzione –  nella Roma che rinasceva con l’imperatore Augusto – Ovidio impersonò il libertino, l’intrigante, il dissoluto che attribuiva a maschi e femmine uguale diritto al piacere, senza badare alle moralizzazioni che stavano a cuore ad Augusto.

Poeta delle metamorfosi fisiche (dimostrando, con il suo Metamorfosi, che non esiste differenza tra corpo e psiche)  scoprì  il trasformarsi prima di tutto nella pratica dell’eros.  Con una capacità di osservazione straordinaria,  il poeta dava a intendere di essere, (come Virgilio)  approdato all’epica.  Ma la  sua epica (epica, estetica e metafisica, del desiderio)  esaltava il perituro,  il transeunte, l’alterità, distruggendo  ogni fede nell’eternità dell’impero e nell’assolutezza del romanocentrismo.   Da qui  –  anche  –  la sua cacciata in esilio da parte di Augusto: cacciata che determinò  (l’8 d.C. )  il suo smarrimento a Tomi sul mar Nero, la Costanza dell’odierna Romania,  in cui comprese che ora l’altro era lui.

Ovidio è stato il primo Don Giovanni del mondo occidentale.  

Ha scritto, tra l’altro,  l’ Ars amatoria, un poemetto  che insegna,  a donne e uomini,  strategie di conquista, il cui oggetto non è l’amore, ma il piacere sessuale ( posizione – questa – in contrasto con la politica di Augusto che tentava di moralizzare una generazione dissoluta per la perdita dei valori familiari).   “Il piacere concesso per dovere – scriveva inoltre Ovidio –  non mi è grato”.  E –  cosa impensabile all’epoca – assicurava che il piacere era maggiore se l’uomo e la donna raggiungevano l’orgasmo contemporaneamente.