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TOSCA al Teatro Verdi (Salerno, 30 maggio – 2 giugno 2023)

Maggio 30, 2023
Si ringrazia Elena Paruolo per questo suo contributo. Al teatro Verdi di Salerno, con regia di Alfonso Signorini e direzione del maestro Daniel Oren –  torna in scena Tosca, immortale opera lirica del grande Giacomo Puccini (su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica) che – sin dai primi accordi – regala intense emozioni. Ricca di colpi di scena, Tosca tiene lo spettatore in costante tensione.  E il discorso musicale si evolve in modo altrettanto rapido, passando (con tutta la sua ricchezza di continui cambiamenti di colori, dinamiche e tempi)  da brevi incisi tematici spesso costruiti su armonie dissonanti, a melodie, e a sonorità che anticipano l’estetica dell’espressionismo musicale tedesco. La trama si svolge a Roma nell’atmosfera segnata dall’eco degli avvenimenti rivoluzionari in Francia, e dalla caduta della prima Repubblica Romana, dopo la battaglia di Marengo, Angelotti, bonapartista ed ex console della Repubblica Romana, fuggito dalla prigione trova rifugio nella Basilica di Sant’Andrea della Valle, dove la marchesa Attavanti, sua sorella, gli ha fatto trovare le chiavi della sua cappella.  Vi incontra il cavalier Mario Cavaradossi che nel suo quadro – nella figura di Maddalena – ha ritratto (a sua insaputa) la bella marchese.  Mentre preparano un piano di fuga, arriva Tosca, amante di Cavaradossi, che – visto il ritratto – fa una scenata di gelosia a Mario che, a fatica riesce a calmarla e congedarla. Tosca allontanatasi, Angelotti esce dal nascondiglio e riprende il dialogo con Mario che gli offre protezione, e decide di accompagnare Angelotti per coprirlo nella fuga. Portano con loro il travestimento femminile, dimenticando però il ventaglio nella cappella. La falsa notizia della vittoria delle truppe austriache su Napoleone a Marengo fa esplodere la gioia nel sagrestano. Ma improvvisamente sopraggiunge con i suoi scagnozzi il barone Scarpia, capo della polizia papalina che, sulle tracce di Angelotti, sospetta fortemente di Mario, anch’egli bonapartista. Trovato il ventaglio dimenticato da Angelotti, Scarpia cerca di coinvolgere Tosca, di cui è segretamente innamorato, ritornata in chiesa per informare l’amante che il loro progetto amoroso per la serata, era sfumato, in quanto chiamata a cantare a Palazzo Farnese per festeggiare l’avvenimento militare. Usando il ventaglio dimenticato, Scarpia suscita la morbosa gelosia di Tosca. Ed immagina con gioia feroce sia l’impiccagione di Cavaradossi che di avere Tosca fra le sue braccia. Furente Tosca, seguita dai gendarmi, li porta a sua insaputa fino alla villetta di Mario, in cui comprende il grave errore causato dalla sua gelosia. Gli sbirri perquisiscono a fondo la dimora. Ma non trovano Angelotti. Mario – arrestato e portato al cospetto di Scarpia – dopo il suo rifiuto di rivelare il nascondiglio di Angelotti è sottoposto a torture. Tosca – che poco prima aveva eseguito una cantata al piano superiore del Palazzo Farnese – viene convocata da Scarpia, il quale fa in modo che ella possa udire le urla di Mario. Stremata dalle grida dell’uomo amato, la cantante rivela a Scarpia il nascondiglio dell’evaso. Mario, condotto alla presenza di Scarpia, apprende del tradimento di Tosca e si rifiuta di abbracciarla. Intanto arriva un messo ad annunciare che la notizia della vittoria delle truppe austriache era falsa, e che invece è stato Napoleone a sconfiggere gli austriaci  a Marengo. Mario inneggia ad alta voce alla vittoria. E Scarpia lo condanna immediatamente a morte per impiccagione, facendolo condurre via.  Più tardi arriva anche la notizia che Angelotti si è suicidato all’arrivo degli sbirri. Scarpia ordina che il suo cadavere sia impiccato accanto a Cavaradossi. Disperata, Tosca chiede a Scarpia di accordare la grazia a Mario. Il barone acconsente solo a patto che lei gli si conceda. Anche se inorridita, Tosca gli dice che gli si concederà. Scarpia convoca quindi Spoletta e, con un gesto d’intesa, fa credere a Tosca che Cavaradossi sarà fintamente giustiziato mediante una fucilazione simulata, con fucili caricati a salve. Dopo aver scritto il salvacondotto che permetterà agli amanti di raggiungere Civitavecchi, Scarpia si avvicina a Tosca per riscuotere quanto pattuito, ma questa, che nel frattempo aveva preso un coltello dal tavolo, lo colpisce dritto al cuore e Scarpia muore. E  – preso il salvacondotto – scappa via. È l’alba. In lontananza un giovane pastore canta una malinconica canzone in romanesco. Sui bastioni di Castel Sant’Angelo, Mario – pronto a morire – inizia a scrivere un’ultima lettera d’amore alla sua amante, ma, sopraffatto dai ricordi, non riesce a terminarla. Arrivata inaspettatamente, Tosca gli spiega di essere stata costretta ad uccidere Scarpia. Mostrando il salvacondotto, lo informa della fucilazione simulata, e scherzando, gli raccomanda di fingere bene la morte. Mario però viene fucilato veramente. Tosca – sconvolta e inseguita dai poliziotti che hanno trovato il cadavere di Scarpia –  grida “O Scarpia, avanti a Dio!” E si getta dagli spalti del castello. https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid0j2HwWy8ds3761bqxEzrYiwGwokio4zUpvHTnPm8qUY7ysm9RTRDVPbRpfbY6TrHUl&id=1141940195

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Da una casa di morti -alTeatro dell’Opera (Roma, 23-30 maggio 2023)

Maggio 18, 2023

In un campo di prigionia siberiano arriva un nuovo detenuto, Alexandr Petrovič Gorjančikov: un giovane aristocratico, annunciato come prigioniero politico. I detenuti – tra vessazioni delle guardie e lavori forzati –  si presentano al nuovo arrivato, ognuno ripercorrendo la propria storia e i motivi della prigionia.  Carcere duro, privazione /e bisogno della libertà, il controllo sociale, colpa e pena, questi i temi di questa splendida opera da conoscere.

Ispirata dalle omonime memorie romanzate di Fëdor Dostoevskij sulla vita dei detenuti in un campo di prigionia in Siberia (dove lui stesso era stato detenuto, per motivi politici, per quattro anni) Da una casa di morti è il secondo tassello di un progetto triennale dell’Opera di Roma, dedicato al compositore ceco Leoš Janáček: progetto, inaugurato con la Káťa Kabanová della stagione 2021/2022, che si co ncluderà nel maggio del 2024 con la rappresentazione di Jenůfa.  Lo spettacolo è coprodotto con la Royal Opera House Covent Garden di Londra, il Théâtre de La Monnaie di Bruxelles e l’Opéra national de Lyon.

Sul podio il giovane bielorusso Dmitry Matvienko, nel 2021, premiato alla prestigiosa Malko Competition di Copenaghen.

Per avvicinare l’opera al nostro presente il regista Krzysztof Warlikowski ha ambientato il tutto in un carcere contemporaneo americano, e non in un campo di prigionia siberiano. E ha scelto di aprire lo spettacolo con un video di Michel Foucault che riflette sulla giustizia, sulla sorveglianza e sull’esercizio del potere.  Krzysztof Warlikowski  – premiato con il Premio Europa (2008) e con il Leone d’Oro (2021) alla carriera teatrale a La Biennale di Venezia – da venti anni  è fautore di un profondo rinnovamento del linguaggio teatrale europeo, anche tramite l’utilizzo di riferimenti cinematografici, un uso originale del video e l’invenzione di nuove forme di spettacolo finalizzate anche  a ristabilire il legame tra l’opera teatrale e il pubblico, che spinge a riflettere.  

Accanto a Warlikowski e Matvienko, vi è un cast internazionale che vede in primo piano il basso-baritono statunitense Mark S. Doss e il tenore Pascal Charbonneau. Tra i tenori anche Štefan Margita, Erin Caves, Julian Hubbard , Marcello Nardis, Pawel Żak, Michael J. Scott, Christopher Lemmings e Colin Judson. I baritoni sono Lukáš Zeman, Nikita/Čekunov, Aleš Jenis e Leigh Melrose. Il basso è Clive Bayley. Completano il cast Eduardo Niave, Carolyn Sproule, unica voce femminile nel ruolo della prostituta. Maestro del coro è Ciro Visco. In linea con la produzione della Royal Opera House di Londra del 2018, la drammaturgia è a cura di Christian Longchamp e le scene e i costumi sono di Małgorzata Szczęśniak. Alle luci Felice Ross e ai video Denis Guéguin. I movimenti coreografici sono di Claude Bardouil.

Ogni rappresentazione è in lingua originale con sovratitoli in italiano e inglese.

“La fille mal gardée” al teatro dell’Opera di Roma (2-9 maggio 2923)

Maggio 3, 2023

Nato in chiave rivoluzionaria, e anti-nobiltà, nella storia della danza, La fille mal gardéé è il primo balletto che (con allegria) mette in scena contadini e popolo. Riferendosi ai filoni portanti del ‘700 – secolo che ha visto la rivoluzione francese del 1979 – è un racconto danzante di genere agreste-comico e non mitologico-serio.

Questa la sua trama.  Lise ama il contadino Colas, ma sua madre vuole darla in sposa al figlio di un ricco fattore. Chiusi per errore in camera da letto, gli amanti – facendo trionfare l’amore su tutto – riusciranno poi a convolare alle sperate nozze.  

Al teatro dell’Opera di Roma il balletto è in scena nella versionein due atti del coreografo Ashton, ripresa da Jean-Christophe Lesage, nel colorato allestimento della Bayerische Staatsoper di Monaco che il pubblico romano potrà ammirare, con le scene e i costumi di Osbert Lancaster, gli stessi della prima londinese.

 “Presto o tardi ogni artista rende omaggio alla natura – ha dichiarato Ashton – La mia Fille mal gardée è una ‘Sinfonia Pastorale dei poveri’, perché durante tutta la preparazione dello spettacolo è a questa sinfonia di Beethoven che pensavo”.  Ampie, ariose e colorate, quindi, le scenografie.  E, tra feste campestri e danze di contadini, è dinamica la coreografia che, attraverso energici passi a due, racconta la passione dei due giovani, uniti dall’amore ma separati da differenze di classe.

Le musiche, adattate da John Lanchbery, partono da quelle originali di Ferdinand Hérold integrando melodie popolari e citazioni operistiche. Per la prima volta sul podio capitolino Philip Ellis, nominato miglior direttore al “Taglioni European Ballet Award”. 

Le étoiles Rebecca Bianchi e Susanna Salvi e la solista Federica Maine si alterneranno nel ruolo di Lise. Grande attesa per il ritorno di Daniil Simkin che sarà Colas, insieme all’étoile Alessio Rezza, al primo ballerino Michele Satriano e al solista Simone Agrò.

MANFRED concerto al teatro dell’Opera di Roma (20 aprile 2023)

aprile 14, 2023

Poema drammatico op. 115  cui Schumann ha dedicato ben quattro anni della sua vita (tra il 1848 e il 1851) – con un “eroe” maledetto, portatore di rovina, privo di pace, alla ricerca di una morte che non trova, ma anche dotto all’inverosimile – Manfred è uno dei grandi capolavori della letteratura musicale tedesca, .  

Il protagonista del concerto – diretto da Michele Mariotti Direttore musicale dell’Opera di Roma e con coro istruito da Ciro Visco – è Glauco Mauri, noto attore e regista. .

Manfred fu scritto nel 1816, quando Lord Byron aveva 28 anni e aveva da poco dovuto lasciare l’Inghilterra, a causa di una presunta relazione incestuosa con la sorellastra Augusta Leigh. La causa del suo dramma rimane oscura ma il peso del suo passato si riverbera sul suo destino.

Come ben spiega il maestro Mariotti: «Manfred è un antieroe che, sconfitto dalle sue colpe, compie un percorso ascetico di allontanamento dal mondo terreno. I meravigliosi elementi musicali che all’interno del poema richiamano la natura sottolineano il rapporto tormentato del protagonista con il mondo da cui vuole separarsi. Con l’Ouverture, la pagina più celebre del poema, Schumann esprime perfettamente il dolore e la sofferenza di Manfred usando la tetra tonalità di mi bemolle minore. Altro elemento fondamentale è lo stretto rapporto tra musica e parola, che acquisisce senso drammaturgico: il Manfred evidenzia l’esigenza di Schumann di creare una composizione molto vicina all’opera, proprio nel momento storico di maggiore espansione del sinfonismo».

ADAMS’PASSION a Roma presso La Nuvola (31 marzo e 1°aprile 2023)

marzo 23, 2023

Arriva per la prima volta in Italia Adam’s Passion – lo spettacolo teatrale ideato (nel 2015) da Robert Wilson in collaborazione con il grande compositore estone Arvo Pärt   per raccontare, la vita di Adamo dopo la cacciata dall’Eden – in esclusiva grazie ad una coproduzione tra Opera di Roma ed EUR Culture per Roma..

Il lavoro – ispirandosi all’idea di “opera d’arte totale” di Wagner –  fonde insieme musica, canto, danza, movimento, luci e scenografia.  A dirigere l’orchestra e il coro della fondazione lirica capitolina è impegnato Tõnu Kaljuste, Sul palcoscenico è protagonista la grande danzatrice statunitense Lucinda Childs.

 Scacciato dall’Eden, lasciato a se stesso in una terra desolata, Adam riceve alcune visioni di futuri orrori commessi e subiti dagli uomini. Sono le conseguenze della caduta da lui provocata. Ad Adamo non resterà altro che supplicare l’amore ed il perdono di Dio.

Accanto a Robert Wilson, ideatore di regia, scene e luci, hanno partecipato al progetto A. J. Weissbard per il light design, Tilman Hecker come regista collaboratore,  Serge von Arx come scenografo collaboratore, Carlos Soto per i costumi, e Konrad Kuhn per la drammaturgia. Protagonisti sul palcoscenico sono Lucinda Childs (Woman), Michalis Theophanous (Man), Endro Roosimäe (Heavy Man), Erki Laur (Another Heavy Man), Tatjana Kosmõnina (A Woman), Triin Marts (Another Woman) e Madis Kolk (Tall Man). Il coro dell’Opera di Roma è istruito da Ciro Visco.

Omaggio a Zeffirelli: Pagliacci al Teatro dell’Opera (Roma 12-19 marzo 2023)

marzo 8, 2023

Nel centenario della nascita di Franco Zeffirelli, il Teatro dell’Opera di Roma ha scelto di ricordare il grande maestro, con la sua attualizzazione di Pagliacci:,opera lirica con estreme passioni di odio e amore – su libretto e musica di Ruggero Leocavallo – debuttata nel 1892.

“L’atmosfera verista dei Pagliacci – precisava Zeffirelli – consente questa attualizzazione (…) per Leoncavallo siamo tutti un po’pagliacci (…) curiosamente e’la stessa visione che il vecchio Verdi propone nel finale di Falstaff: ‘Tutto il mondo e’burla’. Con una differenza fondamentale: che per Verdi si tratta di una burla vera e propria, mentre Pagliacci sono una dolorosissima avventura di sangue e di amore”.

Questa la trama dello spettacolo in scena a Roma. Una piccola compagnia teatrale itinerante di giocolieri saltimbanchi e attori (il capocomico Canio, la moglie Nedda, un vendicativo Tonio, un mite Beppe, l’amante Silvio) – a bordo di un camper, giunge in un paesino dell’Italia degli anni Sessanta per inscenare una commedia.

Ma – sullo sfondo grigio di un edificio di ringhiera brulicante di umanita’- nella loro rappresentazione si svolge una cruenta storia di gelosia che mescola finzione e realta’.

Nello spettacolo in scena all’Opera di Roma (con l’allestimento qui creato nel 1992) la regia di Franco Zeffirelli e’ripresa da Stefano Trespidi. L’orchestra e’diretta dal maestro Daniel Oren. Il coro e’diretto da Ciro Visco, con la partecipazione del Coro di voci bianche e della Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma. I coloratissimi costumi sono di Raimondo Gaetani. Le luci sono disegnate da Vini io Cheli.

Nella sensuale parte di Nedda-Colombina sono impegnate Nino Machaidze e Valeria Sepe. Il marito capocomico Canio-Pagliaccio e’interpretato da Brian Jagde e da Luciano Ganci. Il gobbio Tonio- Taddeo e’interpretato da Amartuvshin Enkhbat e Roman Burdenko.

Matteo Falcier da’voce a Beppe, Vittorio Prato all’amante Silvio che come Nedda cadra’ucciso da Canio.

Bayadere al Teatro dell’Opera (Roma, 25 febbraio-2 marzo 2023)

febbraio 21, 2023

Spettacolo bellissimo, romantico e brioso, tra l’altro con simpaticissimi selvaggi (vera forza della natura) nel Primo tempo. Fantastici ballerini e musica, originali imponenti e colorate le scenografie (piu’o meno stilizzate e semi-moderne), stupendi i costumi, affascinanti coreografie, colori e luci. Pura armonia di musica, movimenti e danza. Vera gioa per udito e vista! Non a caso pubblico super entusiata.

Nella sua lunga storia, La Bayadère è stata allestita e rivisitata molte volte. La nuova Bayadère (in 3 Atti) in scena al Teatro dell’Opera di Romafirmata da Benjamin Pech – segna il debutto al teatro Costanzi di Olga Smirnova e Victor Caixeta (due danzatori che hanno lasciato la Russia dopo l’invasione dell’Ucrania). Nei ruoli dei protagonisti si alternano anche Jacopo Tissi, Maia Makhateli, Rebecca Bianchi e Alessio Rezza. E il nuovo allestimento è impreziosito dalle scene di Ignasi Monreal, che immergono in un universo onirico e senza tempo, dalle luci di Vinicio Cheli e dai costumi di Anna Biagiotti.

Ideata da Marius Petipa nel 1877 nello stile del Grand ballet per il Balletto Imperiale Russo di San Pietroburgo,  La Bayadère ( La danzatrice del tempio, in russo Баядерка – Bayaderka) – con musica di Ludwig Minkus Ludwig –  è un balletto basato sul poema indiano Sakuntala di Kalidasa: un colorito melodramma con numerosi intrighi d’amore, gelosia e tradimento, protagonista la bella bayadère Nikija, amante segreta del principe guerriero Solor che dovrà sposare la crudele e gelosa Gamzatti,  figlia del Raja.

Questa la sua trama originaria.  

Nel PRIMO ATTO al Tempio si trova il guerriero Solor, innamorato della danzatrice del tempio Nikija a sua volta amata dal Bramino.  A Solor viene obbligatoriamente offerta la mano di Gamzatti, la figlia del Rajah. Questi viene avvisato dal Bramino che Solor ha un’altra donna. Gamzatti informa Nikija del proprio patto matrimoniale con Solo.. Nikija tenta di ucciderlo ma viene fermato da Aya.    Nel Secondo ATTO vi è la festa di fidanzamento. Aya dà a Nikija un cesto di fiori nel quale è nascosto un serpente velenoso che la morde. Il bramino le propone di salvarla, a patto che lei accetti di sposarlo. Nikija rifiuta e danza fino a quando muore.  Nel Terzo ATTO Solor, per dimenticare il dolore della morte di Nikija, fuma un particolare veleno, si addormenta e si ritrova nel regno delle ombre; tra esse ritrova anche l’amata Nikija alla quale giurerà fedeltà eterna. Nel Quarto Atto, durante le nozze tra Solor e Gamzatti, il tempio crolla, seppellendoli sotto le macerie.

“E’ un balletto epico – precisa il coereografo, Benjamin Pech – E’ una vera epopea, e questa produzione sarà una sfida collettiva che coinvolge, assieme ai danzatori del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma e agli allievi della Scuola di Danza, tutti coloro che saranno impegnati dietro le quinte, che lavoreranno nell’ombra ai numerosi cambi di scena. È uno spettacolo molto ambizioso”.  

https://twitter.com/ParuoloS/status/1628094647833600005?t=-IbkV71gQQ1ey-i0ZSkuPg&s=19

AIDA di Verdi al teatro dell’Opera di Roma (31 gennaio-12 febbraio 2023)

gennaio 28, 2023

Al Teatro Costanzi, firmata dal regista Davide Livermore e diretta dal Direttore musicale dell’Opera di Roma Michele Mariotti, è in scena una nuova produzione dell’Aida – celebre opera di Giuseppe Verdi su libretto di Antonio Ghislanzoni che sviluppa una trama abbozzata in francese da Camille du Locle su indicazione dell’archeologo Auguste Mariette (primo direttore del Museo Egizio del Cairo) –  splendido inno all’Amore (e al rispetto della diversità)  prima che opera patriottica!

Caratterizzato da un forte – e costante – gran pathos è un gran bello spettacolo, questo ora in scena a Roma.

Splendida la musica. .“L’immensa partitura di Aida –  sottolinea il Michele Mariotti – si lascia leggere naturalmente come un dramma intimo prima ancora che glorioso e patriottico. Voglio partire dai sentimenti nascosti dei personaggi che emergono dalla musica, oltre che dal libretto, per esaltarne le innumerevoli sfumature”.   Originale, e a suo modo monumentale, la scena a firma di David Livermore, frutto di movimenti coreografici e di un mix di stili e forme, riuscito (soprattutto  nella scena del gran giudizio dinanzi ai sacerdoti) anche se con fontane di sabbia talvolta ridondanti.   Emozionanti, le belle perfomance del coro, guidato dal nuovo maestro Ciro Visco.

Calda e intensa, l’interpretazione di Aida del soprano bulgaro, Krassimira Stoyanova, che l’ha cantata nei più grandi teatri del mondo, dalla Scala al Teatro Real di Madrid, passando per la Chicago Symphony Orchestra dove sul podio c’era il maestro Riccardo Muti. Con lei si alterna Vittoria Yeo (2, 5 e 11 febbraio).    Riconosciuta  leonessa – nella parte di Amneris – è la verdiana mezzosoprano Ekaterina Semenchuk, che si alterna con Irene Savignano, diplomata di “Fabbrica”, lo Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma (recite del 2, 5, 7 e 11 febbraio).

Vero fenomeno tenorile è – nel ruolo di Radames – Gregory Kunde (reclutato all’ultimo in sostituzione del previsto Fabio Sartori) che si alterna con Luciano Ganci (2, 5, 7 e 11 febbraio).  Amonasro è il baritono Vladimir Stoyanov, mentre il basso Riccardo Zanellato è Ramfis. Nella parte della sacerdotessa è impegnata Veronica Marini, in quella del Re Giorgi Manoshvili, mentre Carlo Bosi interpreta il Messaggero.

Ma ciò detto… qual è la trama di questa bella opera?  – Isma’il Pascià, Khedivé d’Egitto, commissionò a Verdi un lavoro per celebrare l’apertura del Canale di Suez. Al suo rifiuto, il khedivé insistette, riservandosi però –  in caso di definitivo rifiuto – di rivolgere l’offerta a Charles Gounod o a Richard Wagner.  Infine, lo scetticismo iniziale di Verdi fu vinto dall’opera di persuasione di Mariette e du Locle, che esclusero la necessità che il maestro si dovesse recare di persona in Egitto, proponendogli di realizzare le prove a Parigi o Milano.  A convincerlo definitivamente fu – più che l’alto compenso –  la lettura dello “scenario”, che trovò «ben fatto» e «splendido di mise en scene». Come condizioni impose un completo controllo sulla realizzazione del libretto, sull’allestimento e sulla scelta del cast.  La prima rappresentazione di Aida avvenne al Cairo il 24 dicembre 1871, riscuotendo grandi consensi.  Concordata per il gennaio 1871, fu ritardata a causa dell’assedio prussiano a Parigi durante la guerra franco-prussiana, che impedì l’accesso ai laboratori dell’Opéra dove erano stati realizzati costumi e scenografie.

Questa la sua trama. L’Aida è ambientata in Egitto al tempo dei faraoni: Radames, valoroso comandante militare egiziano, viene incaricato di contrastare l’invasione dell’esercito nemico etiope. Ma, benchè amato da Amneris, si innamora di Aida, una schiava etiope, combattuta fra l’amore per Radames e l’affetto per il suo popolo.  Amonasro,  padre di Aida, pure fatto prigioniero –  spiando un incontro dei due innammorati – viene a conoscenza del luogo dove l’esercito egiziano attaccherà quello etiope, da Radames confidato ad Aida. Farà fallire l’attacco. E la guerra verrà vinta dagli etiopi.  Amareggiato per essere caduto nel tranello, Radames si consegna nelle mani del gran sacerdote per farsi punire.  Il gran sacerdote lo condanna a morte. E ordina di farlo seppellire vivo.  Vicino al suo sepolcro, Radames trova inaspettatamente Aida che, coraggiosamente, affronta la morte con lui.

Nella disposizione scenica di Aida (la cui trama non si evolve a favore dell’Egitto) i personaggi e Amonasro dovevano avere la pelle più scura degli egiziani.  Superando l’interpretazione di Said, non è l’Egitto che è orientalizzato, ma sono le vittime imperiali dell’Egitto, ossia i mori e gli etiopi, e soprattutto le donne.

Da qui un ampio dibattito sulla black face, tema del numero zero della nuova rivista del teatro dell’Opera di Roma: Calibano.

CALIBANO – Il numero zero di questa nuova rivista (le cui immagini sono create con tecnologia Text To Image, cioè da un software di intelligenza artificiale cui sono state fornite parole chiave o parti di articoli) – è dedicato a Aida.   E – prendendola in esame nel contesto dell’imperialismo europeo –  si sofferma sul tema del Blackface.  Tema che tende a polarizzare.  Negli USA (che hanno un problema razziale) è un tabù assoluto, e non se ne può neanche parlare.  Da noi – invece –  è un tema di cui non si vuole sentire parlare, dicendo che è un tema che non ci appartiene, e che non fa parte della nostra cultura.  Il numero zero di CALIBANO non ha voluto aderire a questa polarizzazione.  E prova a capire cosa c’è in mezzo, chiedendosi, cosa succede, oggi, quando si pretende l’attore nero per un nero, un omosessuale per un omosessuale.

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L’elisir d’amore al Teatro dell’Opera di Roma (11 gennaio -15 gennaio 2023)

gennaio 5, 2023

Al rientro dalle vacanze natalizie, il Teatro dell’Opera di Roma mette in scena L’Elisir d’amore: di Gaetano Donizetti, una bellissima opera lirica piena di melodie, colorature e sfumature – definita “melodramma giocoso” – che fin dal suo apparire ebbe un grande successo. Come ben sottolineato dal direttore, Francesco Lanzillotta, quest’opera “racconta in musica come gli esseri umani non amino mai ciò che hanno, ma amino ciò che a loro manca”.  

“D’altronde – precisa il regista Ruggero Cappuccio  tutta la storia della lirica può essere ricondotta ad una triade: un lui, una lei ed un impedimento!”.

Di certo un bello spettacolo, nel secondo Atto ancor più che nel primo, per belli effetti – scenografici e coreografici – che suscitano nello spettatore una sensazione di maggior dinamismo.

Ma qual è la trama di Elisir d’amore? In estrema sintesi, è quella che qui segue.

Adina respinge la corte di un povero contadino, Nemorino. E nel corso di un duetto gli spiega che l’amore fedele e costante non fa per lei.

Così, alla ricerca di un elisir che la faccia innamorare, Nemorino si lascia imbrogliare da un ciarlatano che gli vende una bottiglia di vino, quale elisir.

Benché fasullo, il filtro magico si rileverà efficace. Ubriacatosi, Nemorino diventa disinvolto quel tanto che basta per mostrarsi indifferente nei confronti di Adina. Abituata a sentirsi desiderata, Adina –  per vendicarsi dell’indifferenza di Nemorino – accetta di sposare il sergente Belcore. Fervono i preparativi per le nozze.

Per comprare ancora dell’elisir, Nemorino si arruola. Ma, nel frattempo, Giannetta sparge la notizia che Nemorino ha ottenuto una grande eredità da uno zio deceduto da poco.  Infine, il ciarlatano racconta ad Adina di aver venduto a Nemorino l’elisir.  Così lei capisce di essere da lui amata.

E – cedendo alla sua corte – gli dichiarerà di amarlo.

In questo allestimento romano, Adina è interpretata dal soprano polacco Aleksandra Kurzak: per la prima volta all’Opera di Roma. Nemorino è invece intrepretato da tenore americano John Osborn: amatissimo dal pubblico italiano e romano. Entrambi sono due autentiche star del belcanto.

Le scene dell’allestimento sono firmate da Nicola Rubertelli, i costumi da Carlo Poggioli  e le luci da Vinicio Cheli.

Turandot, e concerti al Teatro Verdi (Salerno, 26 e 28 dicembre 2022 – e capodanno 2023)

dicembre 25, 2022

Si ringrazia la Profssa Elena Paruolo per questo contributo.

A Salerno, nella calda atmosfera natalizia di una città rallegrata da belle luminarie –  nello splendido Teatro Verdi – sono
in programma, Turandot di Puccini e due concerti a Capodanno, con l’orchestra filarmonica di Salerno, e musiche di Puccini, Rossini, Strauss, Gershwin e Bernstein (previsto anche un concerto al mattino, a Ravello). Avere 2 concerti a Capodanno è una vera eccellenza salernitana: nata dalla richiesta della popolazione.

Il leitmotiv del Teatro Verdi di Salerno è: “ci muove la passione!”.

 “L’orchestra e il coro di Salerno – sottolinea il maestro Daniel Oren – sono eccezionali perché danno il cuore.  Lavorano con passione.  Ed è grazie a loro che si è riusciti a produrre Turandot: una grande opera, fantastica, ma anche difficile per i cambiamenti di tempi, i cori complicati ecc.   Puccini è un genio. Dà la possibilità di giocare con i colori dell’orchestra. La sua musica è una tavolozza. E si possono aggiungere altri colori… “.  Inoltre “Puccini non ha mai visto la Cina. Immagina una Cina sognante, non realistica, una fiaba, una magia che, nella produzione salernitana, si è cercato di ricostruire con le scene e con i costumi”, mettendo in risalto che la principessa Turandot, fredda e cattiva – “interpretata da una ragazza ucraina, con una voce potente e importante” – per Puccini “è un simbolo della donna che cerca l’amore”.

La vicenda di Turandot – ultima opera incompiuta di Puccini – nasce dall’idea di musicare una fiaba di Gozzi ispirata in particolare da uno dei racconti delle Mille e una notte, in un primo momento, dal musicista letta nella traduzione di Maffei di un adattamento schilleriano in lingua tedesca. Le principali divergenze dalla fiaba gozziana sono state rilevate nella motivazione atavica (stupro e uccisione di una sua ava) a Turandot fornita per il suo comportamento, da missione vendicativa personale; e in Liù – personaggio inesistente in Gozzi – il cui suicidio diventa, assieme al bacio di Calaf, un elemento fondamentale per lo sgelamento e umanizzazione di Turandot.

La vicenda si svolge in una Cina fiabesca dalla dimensione atemporale.

Ai suoi librettisti (Giuseppe Adami e Renato Simoni), Puccini chiese di lavorare per rendere il soggetto “snello, efficace, e soprattutto esaltare la passione di Turandot per tanto tempo soffocata sotto la cenere del suo grande orgoglio”.   Il vero ostacolo per il compositore fu, fin dall’inizio, la trasformazione del personaggio di Turandot da principessa fredda e vendicativa a donna innamorata, al punto che molti ritengono che l’opera sia rimasta incompiuta per questo motivo, piuttosto che per la malattia che lo colse (dopo aver scritto l’ultimo coro funebre – dedicato alla morte di Liù in cui raggiunse il massimo splendore della sua musica – non avrebbe più voluto continuare).

Una cosa è comunque certa. Turandot riflette una ricerca musicale avanguardistica in cui Puccini si apre alle tendenze più avanzate della musica novecentesca (impiego di liberi agglomerati armonici accanto ad arcaismi modali, politonalità e dissonanze).  In questa opera sono stati riscontrati influssi, fra l’altro, di Debussy, Casella, Stravinskij e perfino Schönberg; ma anche uno stile rinnovato (v. il cantare di Turando- interrotto da pause e antimelodico –  in contrasto con la passionalità di Calaf).

Ma qual è la sua trama?

Turandot, figlia dell’imperatore Altoum, sposerà chi saprà risolvere tre difficili indovinelli. Ma chi non vi riuscirà dovrà essere decapitato. Il principe di Persia è l’ultimo dei tanti pretendenti sfortunati. Tra la folla, il giovane Calaf riconosce suo padre – re tartaro spodestato e accecato – e Liù, sua devota schiava. Impressionato dalla regale bellezza di Turandot, Calaf  – affronta la sfida – e risolve i tre enigmi.  Molti anni prima – spiegherà la principessa –  il suo regno era caduto nelle mani dei tartari e, una sua antenata nelle mani di uno straniero. Per questo ha inventato il rito degli enigmi, convinta che nessuno li avrebbe mai risolti. A questo punto, Calaf  la scioglie dal giuramento, proponendole a sua volta una sfida: se la principessa, prima dell’alba, riuscirà a scoprire il suo nome, lui le regalerà la sua vita.

I ministri Ping, Pong e Pang offrono a Calaf qualsiasi cosa pur di conoscere il suo nome, ma il principe rifiuta.  Nel frattempo, Liù e Timur vengono portati davanti ai tre ministri. Liù – dopo aver spiegato che è l’amore a darle la forza di subire molte torture – per non cedere strappa di sorpresa un pugnale a una guardia e si trafigge a morte. Dopo la collera, in Calaf  – ancora una volta – vince l’amore.  La principessa dapprima lo respinge, ma poi ammette di essere ormai travolta dalla passione, che li porta infine a scambiarsi un bacio appassionato. Mettendo la propria vita nelle sue mani, Calaf le rileva di il suo nome. La storia si concluderà con il matrimonio di Turandot e Calaf, felici e contenti.

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