TRANNE ECCEZIONI BEN PRECISATE, TUTTO QUELLO CHE E' LEGGIBILE IN QUESTO BLOG E' SCRITTO SOLO DA SILVANA PARUOLO – Il Blog riguarda Politica internazionale e Cultura: attualità, politiche UE e UE nel mondo (V. libri di Silvana Paruolo 2020: la nuova UE L'UE tra allargamento e vicinato, crisi, verticite, vecchie e nuove strategie Ed. LULU 201O e Introduzione all'Unione europea Oltre la sfida del 2014 – Ed. Il mio libro-Feltrinelli 2014) ma anche – grazie alla mia iniziativa non profit Appuntamenti europei a Roma – le Letterature per l'infanzia e la gioventù.
Nel centenario della nascita di Franco Zeffirelli, il Teatro dell’Opera di Roma ha scelto di ricordare il grande maestro, con la sua attualizzazione di Pagliacci:,opera lirica con estreme passioni di odio e amore – su libretto e musica di Ruggero Leocavallo – debuttata nel 1892.
“L’atmosfera verista dei Pagliacci – precisava Zeffirelli – consente questa attualizzazione (…) per Leoncavallo siamo tutti un po’pagliacci (…) curiosamente e’la stessa visione che il vecchio Verdi propone nel finale di Falstaff: ‘Tutto il mondo e’burla’. Con una differenza fondamentale: che per Verdi si tratta di una burla vera e propria, mentre Pagliacci sono una dolorosissima avventura di sangue e di amore”.
Questa la trama dello spettacolo in scena a Roma. Una piccola compagnia teatrale itinerante di giocolieri saltimbanchi e attori (il capocomico Canio, la moglie Nedda, un vendicativo Tonio, un mite Beppe, l’amante Silvio) – a bordo di un camper, giunge in un paesino dell’Italia degli anni Sessanta per inscenare una commedia.
Ma – sullo sfondo grigio di un edificio di ringhiera brulicante di umanita’- nella loro rappresentazione si svolge una cruenta storia di gelosia che mescola finzione e realta’.
Nello spettacolo in scena all’Opera di Roma (con l’allestimento qui creato nel 1992) la regia di Franco Zeffirelli e’ripresa da Stefano Trespidi. L’orchestra e’diretta dal maestro Daniel Oren. Il coro e’diretto da Ciro Visco, con la partecipazione del Coro di voci bianche e della Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma. I coloratissimi costumi sono di Raimondo Gaetani. Le luci sono disegnate da Vini io Cheli.
Nella sensuale parte di Nedda-Colombina sono impegnate Nino Machaidze e Valeria Sepe. Il marito capocomico Canio-Pagliaccio e’interpretato da Brian Jagde e da Luciano Ganci. Il gobbio Tonio- Taddeo e’interpretato da Amartuvshin Enkhbat e Roman Burdenko.
Matteo Falcier da’voce a Beppe, Vittorio Prato all’amante Silvio che come Nedda cadra’ucciso da Canio.
🎪 Un’intervista a Daniel Oren e Brian Jagde sulla produzione di “Pagliacci” in scena al Costanzi dal 12 al 19 marzo. Si tratta di una ripresa del fortunato spettacolo di Franco Zeffirelli, di cui quest’anno si celebra il centenario della nascita.
Si ringrazia la Profssa Elena Paruolo per questo contributo.
A Salerno, nella calda atmosfera natalizia di una città rallegrata da belle luminarie – nello splendido Teatro Verdi – sono in programma, Turandot di Puccini e due concerti a Capodanno, con l’orchestra filarmonica di Salerno, e musiche di Puccini, Rossini, Strauss, Gershwin e Bernstein (previsto anche un concerto al mattino, a Ravello). Avere 2 concerti a Capodanno è una vera eccellenza salernitana: nata dalla richiesta della popolazione.
Il leitmotiv del Teatro Verdi di Salerno è: “ci muove la passione!”.
“L’orchestra e il coro di Salerno – sottolinea il maestro Daniel Oren – sono eccezionali perché danno il cuore. Lavorano con passione. Ed è grazie a loro che si è riusciti a produrre Turandot: una grande opera, fantastica, ma anche difficile per i cambiamenti di tempi, i cori complicati ecc. Puccini è un genio. Dà la possibilità di giocare con i colori dell’orchestra. La sua musica è una tavolozza. E si possono aggiungere altri colori… “. Inoltre “Puccini non ha mai visto la Cina. Immagina una Cina sognante, non realistica, una fiaba, una magia che, nella produzione salernitana, si è cercato di ricostruire con le scene e con i costumi”, mettendo in risalto che la principessa Turandot, fredda e cattiva – “interpretata da una ragazza ucraina, con una voce potente e importante” – per Puccini “è un simbolo della donna che cerca l’amore”.
La vicenda di Turandot – ultima opera incompiuta di Puccini – nasce dall’idea di musicare una fiaba di Gozzi ispirata in particolare da uno dei racconti delle Mille e una notte, in un primo momento, dal musicista letta nella traduzione di Maffei di un adattamento schilleriano in lingua tedesca. Le principali divergenze dalla fiaba gozziana sono state rilevate nella motivazione atavica (stupro e uccisione di una sua ava) a Turandot fornita per il suo comportamento, da missione vendicativa personale; e in Liù – personaggio inesistente in Gozzi – il cui suicidio diventa, assieme al bacio di Calaf, un elemento fondamentale per lo sgelamento e umanizzazione di Turandot.
La vicenda si svolge in una Cina fiabesca dalla dimensione atemporale.
Ai suoi librettisti (Giuseppe Adami e Renato Simoni), Puccini chiese di lavorare per rendere il soggetto “snello, efficace, e soprattutto esaltare la passione di Turandot per tanto tempo soffocata sotto la cenere del suo grande orgoglio”. Il vero ostacolo per il compositore fu, fin dall’inizio, la trasformazione del personaggio di Turandot da principessa fredda e vendicativa a donna innamorata, al punto che molti ritengono che l’opera sia rimasta incompiuta per questo motivo, piuttosto che per la malattia che lo colse (dopo aver scritto l’ultimo coro funebre – dedicato alla morte di Liù in cui raggiunse il massimo splendore della sua musica – non avrebbe più voluto continuare).
Una cosa è comunque certa. Turandot riflette una ricerca musicale avanguardistica in cui Puccini si apre alle tendenze più avanzate della musica novecentesca (impiego di liberi agglomerati armonici accanto ad arcaismi modali, politonalità e dissonanze). In questa opera sono stati riscontrati influssi, fra l’altro, di Debussy, Casella, Stravinskij e perfino Schönberg; ma anche uno stile rinnovato (v. il cantare di Turando- interrotto da pause e antimelodico – in contrasto con la passionalità di Calaf).
Ma qual è la sua trama?
Turandot, figlia dell’imperatore Altoum, sposerà chi saprà risolvere tre difficili indovinelli. Ma chi non vi riuscirà dovrà essere decapitato. Il principe di Persia è l’ultimo dei tanti pretendenti sfortunati. Tra la folla, il giovane Calaf riconosce suo padre – re tartaro spodestato e accecato – e Liù, sua devota schiava. Impressionato dalla regale bellezza di Turandot, Calaf – affronta la sfida – e risolve i tre enigmi. Molti anni prima – spiegherà la principessa – il suo regno era caduto nelle mani dei tartari e, una sua antenata nelle mani di uno straniero. Per questo ha inventato il rito degli enigmi, convinta che nessuno li avrebbe mai risolti. A questo punto, Calaf la scioglie dal giuramento, proponendole a sua volta una sfida: se la principessa, prima dell’alba, riuscirà a scoprire il suo nome, lui le regalerà la sua vita.
I ministri Ping, Pong e Pang offrono a Calaf qualsiasi cosa pur di conoscere il suo nome, ma il principe rifiuta. Nel frattempo, Liù e Timur vengono portati davanti ai tre ministri. Liù – dopo aver spiegato che è l’amore a darle la forza di subire molte torture – per non cedere strappa di sorpresa un pugnale a una guardia e si trafigge a morte. Dopo la collera, in Calaf – ancora una volta – vince l’amore. La principessa dapprima lo respinge, ma poi ammette di essere ormai travolta dalla passione, che li porta infine a scambiarsi un bacio appassionato. Mettendo la propria vita nelle sue mani, Calaf le rileva di il suo nome. La storia si concluderà con il matrimonio di Turandot e Calaf, felici e contenti.
“Don Chisciotte” e’ uno spettacolo bello, fresco, frizzante e appassionato.
Apre la stagione di Balletto dell’Opera di Roma, con coreografia di Laurent Hilaire; star internazionali della danza, come Isabella Boylston (principal dell’American Ballet Theatre) e Osiel Gouneo; costumi disegnati da Francesco Zito; scene firmate da Zito e Antonella Conte, e luci curate da Vinicio Cheli.
La partitura musicale di Ludwig Minkus è eseguita dall’Orchestra dell’Opera di Roma diretta da David Garforth.
“Alcuni brani musicali originali – precisa Garforth – sono stati composti nello stile di Minkus per fornire i collegamenti appropriati alla fluidità drammatica e coreografica della produzione”.
“Questa versione – precisa il coreografo Hilaire (attuale direttore della Bayerisches Staatsballet) – è il frutto di una lunga storia che nasce dal primo debutto del Don Chisciotte di Petipa andato in scena al Bol’šoj di Mosca nel 1869”.Facendolo rinascere, oggi si è scelto di non “immettere lo spettacolo nella rigida prigione di un codice che gli tolga respiro e comunicatività. Non si può utilizzare la tradizione come un vestito troppo stretto, impedendo all’opera di identificare una teatralità fresca e contemporanea”.
Il ruolo dei protagonisti sarà interpretato da ospiti internazionali come Isabella Boylston e Daniel Camargo (che danzeranno il 18, 20, 22 e 23 dicembre alleore 20.00) eIana Salenko e Osiel Gouneo (che danzeranno il 29 e 30 dicembre alle ore 20).
La ballerina ucraina (principal dancer dello Staatsballett Berlin) e il ballerino cubano (principal del Bayerisches Staatsballett) danzeranno anche con le étoiles della compagnia del Costanzi: Iana Salenko con Alessio Rezza il 27 dicembre e Osiel Gouneo con Rebecca Bianchi nella recita di fine anno, il 31 dicembre alle 18.00.
Il pubblico potrà applaudire le stelle del Costanzi, Rebecca Bianchi in coppia con Simone Agrò il 23 (15.00) e il 28 dicembre, Alessio Rezza con l’étoile Susanna Salviil 21 (ore 20.00), 24 (ore 11.00) e 30 dicembre (15.00), e la coppia della recita matinée del 21 dicembre (11.00) composta dai danzatori del Corpo di Ballo Flavia Stocchi e MattiaTortora.
Dopo la prima di domenica 18 (19.00), sonopreviste tredici repliche.
La nuova stagione di danza del Teatro dell’Opera di Roma proseguendo in continuità, potenzia il lavoro di valorizzazione della cultura ballettistica portato avanti dalla direttrice del Corpo di Ballo Eleonora Abbagnato.
Con regia di Emma Dante e direzione del maestro Michele Mariotti, l’Opera di Roma inaugura la stagione 2022-2023 con i DIALOGUES DES CARMÉLITES, opera (in tre atti e dodici quadri) del compositore francese Francis Poulenc: capolavoro del teatro musicale del ‘900 che, affrontando un tema tuttora attuale, e cioè il rapporto tra fede e rivoluzione (basti pensare all’Iran), diventa anche un vero inno alla libertà e diritti, di ciascuno di noi.
In effetti, Dialogues des Carmélites si basa su una vicenda storica: l’esecuzione, il 17 luglio del 1794 a Parigi, in pieno regime del Terrore, di sedici suore carmelitane che rifiutarono di rinunciare ai loro voti, divenendo poi note come le martiri di Compiègne. Nel 1931 questa vicenda ispirò Gertrud von Le Fort per il suo romanzo L’ultima al patibolo, trasposto poi in cinema da Raymond Bruckberger, con dialoghi realizzati da Georges Bernanos, che ebbero un grande successo a teatro, tanto che nel 1953 l’editore Ricordi chiese a Francis Poulenc di ricavarne una nuova opera per il Teatro alla Scala. Poulenc dedicò la partitura: “alla memoria di mia madre, che mi ha dischiuso alla musica, di Claude Debussy, che mi ha donato il gusto di scriverla, di Claudio Monteverdi, Giuseppe Verdi e Modest Musorgskij, che mi sono serviti da modello”.
La prima rappresentazione alla Scala fu data nella versione italiana di Flavio Testi il 26 gennaio del 1957, mentre il 21 giugno dello stesso anno il titolo andò in scena in lingua francese all’Opéra di Parigi.
«L’opera di Poulenc è stata oggetto di letture contrastanti – sottolinea il maestro Mariotti – Circa l Dialogues, c’è chi li ha approvati come salutare alternativa alle asprezze delle avanguardie e chi criticati come partitura conservatrice. Lo stesso soggetto, a seconda dei punti di vista, è stato esaltato come condanna della Rivoluzione francese e dei suoi eccessi, o denigrato in quanto reazionario. Il passare del tempo ha dimostrato la sterilità di queste polemiche e ci permette oggi di superarle: sia il testo di Bernanos sia la musica di Poulenc sono ormai universalmente riconosciuti come vertici del teatro musicale del Novecento, che siamo particolarmente felici di presentare per questa inaugurazione di stagione».
“Chi erano le carmelitane prima del voto?” La regista Emma Dante è partita da questo interrogativo per la sua messa in scena: “ispirandomi ad alcuni ritratti di Jacques-Louis David che raffigurano donne nude dai capelli ricci, o altre succinte con il corpo appoggiato su morbidi cuscini, ho immaginato le origini delle carmelitane, attraverso la semplicità e la loro bellezza di donne”.
Lo spettacolo è un’opera corale, in cui ci sono forti individualità con proprio carattere. Le carmelitane parlano con se stesse, e con Dio. Lo spettacolo privilegia le emozioni piuttosto che l’azione. E tutto recitato, e musicale dall’inizio alla fine, insegna a vincere la morte quale tabù. La morte diventa, non un martirio, ma poesia. E il suo finale è uno dei finali più belli di tutta l’opera.
Tra i protagonisti sul palco: il soprano americano Corinne Winters (nel ruolo di Blanche), Anna Caterina Antonaccci (Madame de Croissy), Ekaterina Gubanova (Mère Marie de l’Incarnation) Ewa Vesin (Madame Lidoine) e Jean-François Lapointe (Marquis de la Force).
Anche nella nuova stagione 2022-23 proseguono al Costanzi gli appuntamenti che precedono le “prime”. Venerdì 25 novembre, alle ore 19.00, ci sarà l’Anteprima Giovani riservata ai minori di 26 anni. Sabato 26, alle ore 16.00, ci sarà la Lezione di Opera tenuta da Giovanni Bietti presso il Foyer di I piano del Teatro dell’Opera di Roma.
La Programmazione 2019-2020, quale emerge dal Comunicato stampa del Teatro dell’Opera di Roma.
La stagione lirica del Teatro dell’Opera di Roma sarà aperta daLes vêpres siciliennes – l’opera con cui Verdi esordì nel giugno 1855 a Parigi – Direttore Daniele Gatti, mentre la regia del nuovo allestimento è affidata a Valentina Carrasco, già apprezzata per una sua Carmen a Caracalla (2017). La scenografia sarà opera del francese Richard Peduzzi. Le luci saranno di Peter van Praet e i costumi di Luis Carvalho. Le coreografie del balletto “Le quattro stagioni”, parte integrante del secondo atto di questo grand-opéra, saranno diMassimiliano Volpini. Tra i principali interpreti Roberto Frontali nel ruolo di Guy de Montfort, Dario Russo in quello de Le sire de Béthune; Hélène sarà cantata da Roberta Mantegna che, nata nel nostro progetto “Fabbrica”, ha già intrapreso una brillantissima carriera internazionale. Sono talenti della seconda edizione di questo stesso progetto Andrii Ganchuk, che interpreta Le comte de Vaudemont, e Irida Dragoti, Ninetta. Con loro ci saranno John Osborn (Henri), Michele Pertusi e Alessio Cacciamani (Jean Procida),Francesco Pittari (Danieli), Saverio Fiore (Thibault) e Alessio Verna (Robert).
Dal 23 gennaio al 6 febbraio 2020, in scena I Capuleti e i Montecchi– opera molto attesa dagli appassionati del belcanto (appassionata versione che Bellini, nel 1830, seppe dare della tragedia di Shakespeare) – sarà il secondo titolo diretto dal maestro Daniele Gatti in un nuovo allestimento con regia, scene, costumi e luci di Denis Krief. I ruoli dei due protagonisti saranno interpretati daAnna Goryachova e Vasilisa Berzhanskaya (Romeo, en travesti), Mariangela Sicilia eBenedetta Torre (Giulietta). Con loro sul palcoscenico Iván Ayón Rivas e Giulio Pelligra(Tebaldo), Nicola Ulivieri (Lorenzo) e Alessio Cacciamani (Capellio).,
Dal 18 al 29 febbario, in scena anche l’Evgenij Onegin di Čaikovskij diretto da James Conlon. Un’ “opera di formazione”, tratta dal romanzo in versi di Puškin, che vede la giovanissima protagonista “innamorarsi dell’idea dell’amore” e invaghirsi della persona sbagliata, per raggiungere solo in seguito la sua maturità sentimentale. Lo spettacolo (in lingua originale) avrà la regia di Robert Carsen. Scene e costumi saranno diMichael Levine e le luci di Jean Kalman. Nel ruolo del titolo Markus Werba. Maria Baiankina (Tat’jana) debutta all’Opera di Roma, così come Yulia Matochkina (Ol’ga). Negli altri ruoli maschili Saimir Pirgu (Lenskij), John Relyea (Gremin) e Andrea Giovannini(Triquet). Tornano su questo palcoscenico Anna Victorova (Filipp’evna), così come Irida Dragoti (Larina) e Andrii Ganchuk (Zareckij) del progetto “Fabbrica” YAP.
Dal 25 marzo al 5 aprile, in scena Turandot, in una lettura davvero nuova del capolavoro di Puccini. Il nuovo allestimento sarà curato in ogni aspetto (regia, scene, costumi) da uno dei più grandi artisti contemporanei, Ai Weiwei, che per la prima volta si cimenta con una regia teatrale. Leggere l’immaginario mondo cinese di Gozzi, e poi di Puccini, da parte di un artista cinese sarà motivo di straordinario interesse. A dirigere Turandot sarà Alejo Pérez. Nel ruolo della principessa con Anna Pirozzi si alternerà Amber Wagner (al suo debutto romano), Calaf sarà Gregory Kunde (in alternanza con Arsen Soghomonyan, anche lui al debutto), Altoum Carlo Bosi, Timur Antonio di Matteo (in alternanza con Marco Spotti), Liù sarà interpretata da Francesca Dotto, di casa al Costanzi. Ci saranno Alessio Verna (Ping),Francesco Pittari (Pang), Pietro Picone (Pong) e, dal progetto “Fabbrica” YAP, Andrii Ganchuk (un mandarino).
Agli stessi anni della Turandot risale laKát’a Kabanová, che Leoš Janáček terminò nel 1922. È la prima volta che questo capolavoro del musicista ceco è rappresentato a Roma: si potrà dunque ascoltare e vedere uno dei maggiori lavori teatrali del Novecento, in cui conflitti sociali di un mondo autoritario e drammi interiori della protagonista s’intersecano fino a condurre alla tragedia finale. L’opera sarà presentata in un nuovo allestimento in coproduzione con la Royal Opera House di Londra, uno spettacolo che ha vinto quest’anno l’Olivier Award. A dirigere l’opera (dal 19 al 28 aprile) sarà David Robertson, regia diRichard Jones e scene e costumi di Antony McDonald. Lucy Carter curerà le luci e Sarah Fahie le coreografie. Molti i debutti nel cast: Charles Workman (Boris Grigorijevič), Susan Bickley (Marfa Kabanová), Andrew Staples (Tichon Kabanov) e Amanda Majeski come protagonista. Nel cast anche Stephen Richardson (Savël Prokofjevič Dikoj), Cristopher Lemmings (Váňa Kudrajaš), Emily Edmons (Varvara), Lukáš Zeman (Kuligin).
A maggio (dal 22 al 31) torna un’opera del giovane Verdi , Luisa Miller(1849). Lo spettacolo ha le scene di Paolo Fantin, i costumi di Carla Teti e le luci di Hans-Rudolf Kunz, video designer Timo Schlüssel. Riccardo Zanellato sarà il conte di Walter, Piero Pretti Rodolfo, Daniela Barcellona Federica, Marco Spotti Wurm, Enkhbat Amartuvshin, giovane baritono mòngolo, debutta come Miller, Roberta Mantegna ritorna in stagione come Luisa. Si tratta di un allestimento in collaborazione con l’Opera di Zurigo.
Alla fine di maggio sarà in teatro, a capo per la prima volta della nostra orchestra, il maestro Myung-whun Chung: dirigerà laMessa da Requiem di Giuseppe Verdi, il massimo capolavoro non teatrale del compositore. Sotto la sua bacchetta canteranno il sopranoCarmen Giannattasio, il mezzosoprano Daniela Barcellona, il tenore Saimir Pirgu e il basso Roberto Tagliavini. L’unica presenza, in un lontano passato, al Costanzi del maestro Chung risale al 1995, ospite con la Philharmonia Orchestra per un concerto sinfonico.
Dal 13 al 25 giugno sarà in programma la Carmen, diretta da Bertrand de Billy (al suo debutto all’Opera) con la regia di Emilio Sagi, le scene di Daniel Bianco, luci di Eduardo Bravo e coreografie di Nuria Castejón. Si tratterà però di un nuovo allestimento perché lo spettacolo (visto nel 2014) avrà costumi nuovi disegnati da Fendi: continua così la collaborazione del Teatro dell’Opera con le grandi firme della moda proseguita, dopo La traviata di Valentino, con Maria Grazia Chiuri per la maison Dior e ancora con Jean Paul Gaultier ciascuno per due spettacoli di balletto. A interpretare i ruoli principali di questa Carmen tornano Veronica Simeoni e Pavel Černoch(insieme già ne La damnation de Faust). Nel ruolo della protagonista ci saranno ancheKsenia Dudnikova e Irene Roberts, in quello di Don José anche Migran Agadzhanyan. Escamillo sarà interpretato da Vitaliy Bilyy e, dal progetto “Fabbrica” YAP, Andrii Ganchuk.Maria Grazia Schiavo sarà Micaëla.
Due importanti titoli di Stravinskij, legati alla sua stagione neoclassica ed entrambi diretti da Daniele Gatti, chiuderanno la stagione nella seconda metà di ottobre. Un nuovo allestimento del Rake’s Progress (La carriera di un libertino)dal 18 al 29, uno dei grandi capolavori del Novecento rappresentato al Costanzi una sola volta nel maggio 1968, (ma allora in una produzione e con complessi dell’Opera di Amburgo). Questo, che vede invece protagoniste l’orchestra e tutte le forze del teatro, sarà invece un allestimento in tutto nuovo con il nostro direttore musicale e la regia di Graham Vick. Canteranno Juan Francisco Gatell nel ruolo di Tom Rakewell, Chen Reiss in quello di Anne Trulove, Markus Werba di Nick Shadow. Ci saranno Adriana Di Paola (Baba the Turk), Stephen Richardson (Father Trulove), Paul Nilon (Sellem) e Susan Bickley (Mother Goose).
A intercalarsi tra le date del Rake’s Progress ci sarà, il 23 e il 24 ottobre, l’oratorio stravinskianoOedipus Rex affidato alla narrazione, in un ruolo centrale del lavoro di un grande attore italiano, Massimo Popolizio. Accanto a lui le voci di Brendan Gunnell nel ruolo del titolo, di Ekaterina Semenchuk in quello di Jocasta; Alex Esposito torna su questo palcoscenico e interpreterà Créon, Andrea Mastroni sarà Tirésias. Questa pagina è presente un’unica volta nella cronologia del teatro, diretta da Zoltan Pesko nel 1995 con la regia di Squarzina e le scene e i costumi di Manzù, questi ultimi diventati parte integrante dell’importante collezione di artisti che hanno collaborato con l’Opera di Roma.
Due produzioni evergreen del Teatro dell’Opera di Roma incorniceranno l’inizio e la fine della stagione. In dicembre, con l’opera inaugurale, si alterneranno cinque recite di Tosca, nella versione 1900 della prima assoluta dell’opera, curata da Alessandro Talevi e diretta da Pier Giorgio Morandi. Le scene e i costumi di Adolf Hohenstein sono ricostruite sui bozzetti originali rispettivamente da Carlo Savi e Anna Biagiotti. Le luci sono di Vinicio Cheli. Lyudmila Monastyrska, che debutta all’Opera di Roma, si alternerà con Monica Zanettin nel ruolo del titolo. Giorgio Berrugi e Diego Cavazzin torneranno a interpretare Cavaradossi così comeClaudio Sgura come Scarpia, Domenico Colaianni Sagrestano, Luciano Leoni Angelotti.Andrea Giovannini sarà Spoletta. Alla produzione partecipa la Scuola di Canto Corale dell’Opera di Roma. A novembre 2020 sarà in scena La traviatacon la regia di Sofia Coppola, i costumi di Valentino, Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, le scene diNathan Crowley. Sul podio ci sarà Paolo Arrivabeni e nel ruolo della protagonista si alterneranno Zuzana Markova, Albina Shagimuratova e Claudia Pavone, in quello di Alfredo Germont Sergey Romanovsky, Iván Ayón Rivas e Alessandro Scotto di Luzio, in quello di Giorgio Germont Marco Caria e Simone Del Savio. Le coreografie interpretate dal Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma sono di Stéphane Phavorin, Vinicio Chelifirma le luci, video a cura di Officine K.
La stagione di balletto – Con una programmazione attenta e bilanciata, tra grandi balletti del repertorio classico e titoli fondamentali di quello moderno e contemporaneo, la nuova stagione di balletto si compone di 5 spettacoli.
Il lago dei cignidi Benjamin Pech già étoile dell’Opéra di Parigi, primo maître e assistente alla Direzione del Ballo del Teatro dell’Opera di Roma. Il lago dei cigni è in scena al Teatro Costanzi dal 31 dicembre 2019 all’8 gennaio 2020. E’ una fiaba romantica percorsa dall’eterno conflitto tra Bene e Male che ancora oggi, con il suo intenso simbolismo, continua ad affascinare gli spettatori di tutto il mondo. Pech rimanendo in gran parte fedele al libretto immaginato da Marius Petipa, rielabora la drammaturgia e crea la sua versione. Il mago Von Rothbart, che nella storia originaria trasforma la principessa in cigno, non c’è. È Benno, l’insospettabile amico del Principe Siegfried, a ricoprire il ruolo del malvagio. Benno, geloso e avido di potere, manipola il Principe per tutto il balletto e solo alla fine del terzo atto rivela la sua vera natura e svela l’inganno. Il tradimento che si compie a opera di Benno nei confronti del Principe, e del Principe nei confronti di Odette pur senza volerlo, diventa il tema centrale di questa versione. La morte incombe metaforicamente sulla scena portando con sé Odette. Benno raggiunge il suo scopo, ma la purezza di cuore del principe, che tutto perdona, lo disarma. Il lavoro di Pech dialoga con un allestimento magico fatto di scene raffinate e preziosi decori dello scenografo Aldo Buti con le luci di Vinicio Cheli. L’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma è diretta dal maestro Nir Kabaretti e dal maestro Carlo Donadio.
Al geniale Jerome Robbins, il grande innovatore di tutti i tempi si consacra la Serata Robbins con un programma speciale composto da Glass pieces, In the Night e The Concert. La Serata Robbinsè in scena al Teatro Costanzi dal 30 gennaio al 5 febbraio.
Glass pieces di Robbins debutta il 12 maggio 1983 al New York State Theater, con il New York City Ballet. Si tratta di un lavoro altamente formale, articolato in tre sezioni, dove Robbins sovrappone a un vocabolario tradizionale concetti provenienti dalla postmodern dance e costruisce schemi di movimento e ritmi visibili che traducono in architettura fisica le musiche di Philip Glass: Rubric e Façades (dall’album Glassworks), accanto a degli estratti dall’opera Akhnaten. Il risultato è un sofisticato linguaggio moderno che è allo stesso tempo ipnotico e carico di energia, quella di ben quarantadue ballerini in scena. Le scene sono dello stesso Robbins con Ronald Bates, i costumi di Ben Benson.
In the Nightviene creato da Robbins nel 1970 per il New York City Ballet. Tre diverse coppie di innamorati sono le protagoniste di questo elegante e raffinato balletto: una prima coppia è formata da giovani, una seconda da lirici e un’ultima da passionali amanti che s’incontrano sotto il cielo stellato di mezzanotte. I tre Pas de deux esprimono coreograficamente i diversi temperamenti delle tre coppie sulle note di tre Notturni di Frédéric Chopin. La prima coppia invade il palcoscenico con una danza fluida di tenera espressività; la seconda interpreta un duetto molto raffinato ed elegante; l’ultima esegue una danza d’impetuoso contrappunto, qui affidato alla grinta di Eleonora Abbagnato. Lei oscilla tra il furore esplosivo e la supplica disperata, e con il partner anima una disputa e una riconciliazione. Questo affascinante affresco delle peripezie amorose si conclude con una danza d’insieme di tutte le coppie. I costumi sono di Anthony Dowell che nel 1973 danza in maniera memorabile In the Night al Royal Ballet.
Robbins crea The Concert, The Perils of Everybodyper il New York City Ballet con il quale debutta il 6 marzo 1956 al City Center of Music and Drama di New York. Il balletto – particolarmente brillante, in un atto – ritrae i comportamenti di un pubblico che ascolta un concerto per pianoforte e affresca situazioni ricorrenti durante i concerti, innescando un crescendo di gag dalla forte componente umoristica. Il pianista suona Frédéric Chopin in scena: i suoi spettatori lo raggiungono, si portano una sedia e animano comicamente il concerto, esternando, con gesti e atteggiamenti, i comportamenti che li caratterizzano. C’è il ragazzo attento che siede in prima fila, le due donne che scartano caramelle e disturbano il ragazzo parlando in continuazione, la donna bella e sinuosa che ascolta languidamente il concerto appoggiandosi al pianoforte, la donna vigorosa dal forte temperamento, il marito premuroso succube della moglie dispotica, il timido occhialuto, il ritardatario che disturba i presenti, la maschera che chiede i biglietti e fa spostare gli spettatori da un posto all’altro. Le scene sono di Saul Steinberg e Edward Gorey, i costumi di Irene Sharaff.
Le luci della Serata Robbins sono di Jennifer Tipton. L’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma è diretta dal maestro Carlo Donadio.
Il Corsaro diJosé Carlos Martínez è una nuova creazione coreografica sulla produzione del Teatro dell’Opera di Roma con allestimento di Francesco Zito e luci di Vinicio Cheli. Il Corsaro è in scena al Teatro Costanzi dal 1 all’8 marzo. Anteprima giovani 28 febbraio. Il Corsaro dal momento della sua creazione è molto evoluto, ha conosciuto versioni differenti con spesso diverse aggiunte musicali. José Carlos Martínez per questa sua versione per il Teatro dell’Opera di Roma vuole tornare allo scenario originale facendone un balletto in due atti e alleggerendolo di tutte le aggiunte fatte nel tempo. L’idea non è quella di fare una ricostruzione storica, ma di tornare alle origini del Corsaro creando una nuova coreografia. L’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma è diretta dal maestro Alexei Baklan.
La formula del trittico, divenuta una consuetudine, si rinnova forte del successo ottenuto negli ultimi anni con tre capolavori Suite en blanc, Serenade e Bolerodi tre grandi maestriGeorge Balanchine, Serge Lifar e Krzysztof Pastor. Il Trittico Suite en blanc/Serenade/Boleroè in scena al Teatro Costanzi dal 6 al 10 maggio. Anteprima giovani il 5 maggio. La serata si apre con la poesia di Suite en blanc balletto non narrativo in un atto creato da Lifar nel 1943 per la compagnia dell’Opéra di Parigi. Il coreografo afferma che nel comporre questo capolavoro si è concentrato esclusivamente sulla danza pura, indipendentemente da ogni altra considerazione, animato dalla volontà di creare delle belle visioni. Il risultato è una successione di frammenti coreografici autonomi, tuttavia accomunati tra loro dal medesimo stile neoclassico. Eleonora Abbagnato balla l’Adage di Suite en blanc. Segue Serenade,primo balletto americano di Balanchine creato nel 1934 a partire da Serenata in do maggiore per orchestra d’archi dell’amato musicista Čajkovskij. Il balletto, una vera pietra miliare della storia della danza, senza trama si divide in quattro movimenti. Come Balanchine stesso disse nasce dal desiderio di “fare un balletto che non mostrasse quanto danzavano male” i suoi ballerini, ma come lui aggiunse in Serenade c’è la traccia di un uomo che incontra una donna, se ne prende cura, e di un destino che li allontana. La creazione nel tempo ha subito varie modifiche, ma la struttura generale è rimasta quella originale. I costumi sono di Barbara Karinska. Conclude la serata il Bolerodi Pastor creato nel 2012. Il Bolero occupa un posto speciale nella storia della musica e della danza. La prima produzione ballettistica di Bolero è di Bronislava Nijinska insieme a Ida Rubinstein che nel 1928 la presentano al pubblico parigino, ma quella che ha segnato la storia e che ancora oggi si pone come un’icona dell’arte del balletto è la leggendaria versione di Maurice Béjart. Pastor, consapevole del fatto che da sempre il Bolero è stato concepito “in cerchio” generalmente con un tavolo rotondo al centro del palcoscenico con un solista, donna o uomo, che danza su di esso e gli altri ballerini tutti intorno, e a conoscenza del desiderio di Ravel di rappresentarlo in uno spazio aperto con un’industria sullo sfondo, decide di usare un ampio spazio rettangolare. Da qui sviluppa la sua idea e affida l’esecuzione del suo Bolero a un uomo e a una donna, una coppia principale con un corpo di ballo che li ingloba e li rilascia. Interprete d’eccezione di questo Bolero èEleonora Abbagnato. Le scene e i costumi sono di Tatyana Van Walsum, le luci di Bert Dalhuysen. L’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma è diretta dal maestro Façal Karoui.
La stagione di balletto 2019 – 20 si conclude con un capolavoro dal titolo evocativo e tristemente attuale Notre-Dame de Parisdel coreografo francese Roland Petit, qui ripreso da Luigi Bonino Direttore Artistico del Repertorio Roland Petit. Notre-Dame de Paris è in scena dal 24 settembre al 1 ottobre. Anteprima giovani 23 settembre. Mentre Roland Petit – affascinato dalle vicende del Medioevo, epoca caratterizzata da una visione mistica del mondo, e spinto dal desiderio di modernizzarlo – pensa di realizzare un balletto a partire da Il monaco di Lewis, si ritrova a leggere il capolavoro di Victor Hugo, Notre-Dame de Paris e a riscrivere, seguendo la trama di Hugo, il libretto per l’omonimo balletto che nel 1965 debutta sul palcoscenico del Palais Garnier, Opéra di Parigi.
Notre-Dame de Paris di Roland Petit è un balletto d’azione in due atti ambientato nella Parigi del 1482 e come sempre è una creazione totale, uno spettacolo unico e originale fatto di danza, partiture musicali, scene e costumi che dialogano vivamente tra di loro aggiungendo qualcosa in più al tema originale. Si tratta di una collaborazione d’eccezione che riunisce artisti di grande personalità come lo stilista Yves Saint-Laurent, lo scenografo René Allio e il compositore Maurice Jarre. Il corpo di ballo è qui il popolo francese, un vero coprotagonista, un collante e un elemento di supporto per i personaggi principali. Esmeralda, Quasimodo, l’arcidiacono Frollo e il capitano Phoebus emergono, da questo corpus narrativo e coreografico dal forte impatto visivo ed emotivo, con potenza. Le loro intrigate vicissitudini danno vita a un vero dramma delle passioni dal quale svetta il protagonista assoluto, Quasimodo. Petit fa nascere questo personaggio dentro di sé e lo interpreta alla prima rappresentazione. Con Petit, Quasimodo perde la gobba e non è un mostro, ma un ragazzo complessato a causa delle conseguenze di un brutto incidente. In lui, come in Esmeralda considerata come una strega perché allevata dagli zingari, Petit vede delle persone rifiutate dalla società perché diverse: questo è il punto di partenza del suo balletto e della sua geniale opera di modernizzazione. Quasimodo è destinato alla rigenerazione ed è lui nell’ultima scena a portare la morta Esmeralda in un altrove dove anche i rifiutati trovano il riposo eterno. L’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma è diretta dal maestro Louis Lohraseb.
La stagione estiva alle Terme di Caracalla – Per la prossima stagione di Caracalla, oltre a numerosi Extra che saranno annunciati volta per volta nel corso dei prossimi mesi, ecco già da ora i titoli dei quattro spettacoli in programma. Torneranno l’Aida verdiana, diretta da Jordi Bernàcer con la regia di Denis Krief, che andrà in scena tra pochi giorni (a partire da giovedì 4 luglio) e Il barbiere di Sivigliacon la regia (2016) di Lorenzo Mariani e diretto da Stefano Montanari. Lo stesso direttore sarà sul podio anche per La vedova allegra di Franz Lehár allestita nel febbraio scorso con molto successo al Costanzi da Damiano Michieletto, e che sarà modificata dallo stesso regista per gli spazi più ampi di Caracalla. In scena ci sarà anche presentato un nuovo balletto, una serata Gershwin diretta da Gareth Valentine con le coreografie di Derek Deane, intitolata Strictly Gershwin.
“Il viaggio a Reims” – da Rossini scritto per l’incoronazione di Carlo X – dal 14 giugno sarà in scena all’Opera di Roma, con regia di Damiano Michieletto, noto per l’impronta innovativa dei suoi allestimenti e per l’audacia delle sue messe in scena.
LA REGIA -Per “Il viaggio a Reims”, Damiano Michieletto – ispirato da un’impostazione che consente di svilupopare il rapporto tra arte e vita – ha diviso i personaggi in due gruppi:
quelli a noi contemporanei (la direttrice del museo, Madama Cortese, la sua assistente, Maddalena, il critico Don Profondo, un custode e un restauratore)
e personaggi storici persi nel museo (che, inizialmente, non si capisce cosa stanno facendo) tratti dal dipinto di Gèrard dell’Incoronazione di Carlo X .
Questo in linea con il libretto in cui si trova un gruppo di personaggi – bloccati in una locanda – che devono andare a Reims per l’incoronazione del nuovo re, Carlo X; e nel rispetto dello spirito rossiniano, brioso, leggero, ironico!.
L’albergo termale «Il Giglio d’Oro» diventa il Museo Golden Lillium all’interno del quale si svolge la vicenda. Personaggi storici filtrano con personaggi reali. Altri arrivano a sentire l’opera d’arte come reale. In alcuni momenti – divertenti – i personaggi storici incontrano i contemporanei, e si spaventano!
LA TRAMA – Gli ospiti di Madama Cortese si apprestano a compiere un viaggio a Reims, per l’incoronazione di Carlo X. Ma – alla fine di altre peripezie – non sarà possibile intraprendere il viaggio perché in tutta Plombières non esistono più cavalli da noleggiare o da comprare. Risolleva lo spirito della compagnia Madama Cortese, che porge ai suoi ospiti una lettera giuntale da Parigi da parte del suo consorte, nella quale si dà notizia dei grandi festeggiamenti che si stanno preparando nella capitale in onore del re, e che lo accoglieranno al suo ritorno: occasione per consolarsi del mancato viaggio a Reims. Con parte del denaro messo insieme per il viaggio a Reims si organizzerà la sera stessa un convito aperto a tutti per festeggiare ugualmente l’incoronazione del re, e il resto si offrirà in beneficenza. Tutto si è dunque risolto, e il Barone tenta di ricomporre anche lo screzio tra il Conte di Libenskof e la Marchesa polacca, nato a causa di Don Alvaro. Il mastro di casa Antonio apprende da Maddalena, la governante, che il Barone ha ingaggiato per allietare il convito una compagnia di musicisti e danzatori ambulanti, di passaggio per quella zona, che appaiono di lì a poco dando inizio, con canti e balli, alla festa. Dopo la celebrazione in musica di Corinna, tra le acclamazioni generali al re e alla Francia, la rappresentazione si chiude con l’apoteosi della famiglia reale.
Lulu – libretto di Alban Berg (ricavato da due lavori di Franz Wedekind) poi completato dal musicologo Cerha – per molti è l’ultima grande opera, l’ultimo capolavoro di teatro musicale indiscusso e indiscutibile. E, in effetti, è un brano che riassume in sé tutte le caratteristiche della grande tradizione Sette e -Ottocentesca, e che, allo stesso tempo, lancia uno sguardo profetico verso il futuro; ed è dotato di ritmo teatrale e di una grande capacità di evocazione plastica delle situazioni. Lo spettacolo – nel 2017 – in scena a Roma è un progetto ambizioso realizza in coproduzione con il Metropolitan Opera di New York, l’English National Opera di Londra e il De Nationale Opera di Amsterdam.
A Roma (dove la sua prima ed unica rappresentazione risale al 1967/68) Lulu sarà presentata nella versione completata dal musicologo Cerha (eseguita a Parigi nel 1979). Dirige l’orchestra del Teatro dell’Opera il maestro Alejo Pèrez. William Kentridge, e il co-regista Luc De Wit firmano il nuovo allestimento. Con lui firma le scene Sabine Theunissen. I costumi sono di Greta Goiris, le luci di Urs Schonebaum, projection designer Catherine Meyburgh. Cospicui il set internazionale.
Nel ruolo di Lulu vedremo due cantanti,Agneta Eichnholz e Disella Larusdòttir – l’una un po’ più giovanile e l’altra più matura – da colori vocali e corporalità diverse (diversità ben gradita al Maestro). Gli altri personaggi sono interpratati da Jennifer Larmore (contessa Geschwitz), Tamara Gura (guardarobiera-studente), Peter Savidge (banchiere/direttore del teatro), Brenden Gunnell (pittore/negro), Martin Gantner (dootr Schon/Jack lo squartatore), Thomas Piffka (Alwa), Willard White (Schigolch), Zachary Altman(atelat/domatore); Christopher Lemmings (principe/domestico/marchese), Eleonora de la Pena (una quindicenne), Francesco Salvadori (giornalista), David Ravignani (cameriere), Joanna Dudley (attrice), Andrea Fabi (attore). Con loro anche due giovani talenti di “Fabbrica”.Young Artist Program: Sara Rocchi (madre di una quindicenne) e Reut Ventorero (arredatrice).
Lulu nasce nella Germania degli anni ’20 e ’30. Per trovare qualcosa di connesso con lo spirito del tempo, un aspetto impegnativo della produzione ha quindi riguardato i costumi. La seduzione esercitata da Lulu va oltre la semplice fascinazione! Gli uomini la vogliono come oggetto del proprio desiderio sessuale, ma la sognano anche come moglie fedele. Il refrain dell’opera è questo: una sequela di personaggi che provano a ricattare Lulu, di gente che finisce ammazzata, mentre lei è costretta a scappare senza requie. Al centro dell’Opera – per volere di Alan Berg (cui questa idea deve essere apparsa rivoluzionaria) – c’è un vero e proprio film.
Il regista, come ha affrontato una sfida complessa come la messa in scena di Lulu? – “La mia scelta – precisa William Kentridge (artista poliedrico di fama internazionale) – è caduta sui disegni a inchiostro. Questa vicenda è colma di violenza, sangue, di drammatiche morti: l’inchiostro, per come irrompe sulla carta bianca,intercetta e traduce queste atmosfere. Poi .. ho trattato i disegni come se fossero dei burattini, manipolandoli, facendoli interagire tra loro, fin quando il disegno si modifica, si evolve, diventa qualcos’altro. Sono convinto che il tema centrale di Lulu sia l’instabilità del desiderio. Gli uomini vogliono questa giovane donna che li strega, invece lei si sottrae, gioca coi loro sentimenti e infine li abbandona senza rimorsi. L’opera di Berg si focalizza su questo tema: la natura delle ossessioni. ..Tanto Lulu è desiderata tanto lei si fa vedere disinteressata a queste attenzioni. Se contro cambiasse le roventi passioni, tutto rientrerebbe nella sfera della normalità.. Per un regista la prova da superare è controllare fino in fondo la potenza musicale e drammaturgica, materializzando la migliore chiave possibile per renderla viva sul palconscenico”.
Come funziona l’interazione tra i disegni dellevideproiezioni e gli attori in scena? – “Le proiezioni – precisa William Kentridge – fungono da ambientazione degli eventi, ma possono anche suggerire i pensieri di un personaggio nel corso di un’azione, oppure possono virare verso la più completa astrazione in bianco e nero o, con un brusco colpo di pennello, accentuare il cambio di temperatura di una scena sul palco, dove peraltro la vicenda traversa spazi diversi (lo studio dell’artista, la casa del dottor Schon, la sala da gioco a Parigi ecc.). I mobili e le decorazioni sono stati scelti con un’attenzione maniacale al gusto dell’Art déco”.
C’è traccia di violenza contro le donne nell’opera di Berg? – A differenza di Wozzeck che parla di un femminicidio, in Lulu, il palcoscenico trabocca d cadaveri. “Anche in questa occasione – sottolinea Kentridge – è l’ambiguità a dominare il lavoro di Berg.E credo non sia possibile capire fono in fondo se la sua è una presa di posizione contro la persecuzione a cui le donne vengono sottoposte dagli uomini che le vogliono possedere, o se l’autore abbia voluto descrivere, più in generale, la violenza e la sopraffazione che impregnano la società moderna, senza distinzione di sesso”.
Marco Bellocchio come regista all’Opera. Sul podio Roberto Abbado. Cinque le repliche fino al 2 maggio. Un Andrea Chénier moderno, con il tenore americano Gregory Kunde (Chénier), il baritono Roberto Frontali, il soprano uruguaiano Maria José Siri e il mezzosoprano austriaco Natscha Petrinsky.
Il librettista – Luigi Illica – ha fatto un lavoro straordinario di ricerca storica per raccontare i giorni drammatici della rivoluzione francese in cui è ambientata l’opera. Bellissima la musica di Giordano.
Tra splendidi valzer, spettacolari cacan e danze, canzoni, e fiumi di champagne nasce un vorticoso e divertente scambio di coppie e promesse. Alla fine… trionfa l’amore. Spettacolo delizioso, brillante, divertente, ironico e bello. Veramente molto bravi, tutti. Belli costumi – scenografie – e i loro colori. Con Umberto Scida “La vedova allegra” musiche di Franz Lehàr – una delle operette più famose – è in scena al Teatro Brancaccio di Roma, grazie alla Compagnia di Operetta del Teatro Al Massimo di Palermo: regia di Umberto Scida, coreografie di Stefania Cotroneo, cast e corpo di ballo del Teatro al Massimo di Palermo, supervisione Artistica Aldo Morgante, produzione Del Teatro Al Massimo Di Palermo. Qui di seguito, una breve trama di questo splendido spettacolo.
Se Hanna Glawary, giovane vedova del ricchissimo banchiere di corte, passasse a seconde nozze con un francese, il suo capitale lascerebbe la Banca Nazionale Pontevedrina, ragion per cui l’ambasciatore, il Barone Zeta, ha l’incarico di trovarle un marito pontevedrino. Il conte Danilo potrebbe andare benissimo ma – pur amandolo – la vedova non lo vuole dimostrare e fa di tutto per farlo ingelosire. Ma alla fine Njegus riesce a sciogliere una serie di equivoci e a far confessare ad Hanna e Danilo il loro reciproco amore.