Si ringrazia la Profssa Elena Paruolo per questo contributo.
A Salerno, nella calda atmosfera natalizia di una città rallegrata da belle luminarie – nello splendido Teatro Verdi – sono
in programma, Turandot di Puccini e due concerti a Capodanno, con l’orchestra filarmonica di Salerno, e musiche di Puccini, Rossini, Strauss, Gershwin e Bernstein (previsto anche un concerto al mattino, a Ravello). Avere 2 concerti a Capodanno è una vera eccellenza salernitana: nata dalla richiesta della popolazione.
Il leitmotiv del Teatro Verdi di Salerno è: “ci muove la passione!”.
“L’orchestra e il coro di Salerno – sottolinea il maestro Daniel Oren – sono eccezionali perché danno il cuore. Lavorano con passione. Ed è grazie a loro che si è riusciti a produrre Turandot: una grande opera, fantastica, ma anche difficile per i cambiamenti di tempi, i cori complicati ecc. Puccini è un genio. Dà la possibilità di giocare con i colori dell’orchestra. La sua musica è una tavolozza. E si possono aggiungere altri colori… “. Inoltre “Puccini non ha mai visto la Cina. Immagina una Cina sognante, non realistica, una fiaba, una magia che, nella produzione salernitana, si è cercato di ricostruire con le scene e con i costumi”, mettendo in risalto che la principessa Turandot, fredda e cattiva – “interpretata da una ragazza ucraina, con una voce potente e importante” – per Puccini “è un simbolo della donna che cerca l’amore”.
La vicenda di Turandot – ultima opera incompiuta di Puccini – nasce dall’idea di musicare una fiaba di Gozzi ispirata in particolare da uno dei racconti delle Mille e una notte, in un primo momento, dal musicista letta nella traduzione di Maffei di un adattamento schilleriano in lingua tedesca. Le principali divergenze dalla fiaba gozziana sono state rilevate nella motivazione atavica (stupro e uccisione di una sua ava) a Turandot fornita per il suo comportamento, da missione vendicativa personale; e in Liù – personaggio inesistente in Gozzi – il cui suicidio diventa, assieme al bacio di Calaf, un elemento fondamentale per lo sgelamento e umanizzazione di Turandot.
La vicenda si svolge in una Cina fiabesca dalla dimensione atemporale.
Ai suoi librettisti (Giuseppe Adami e Renato Simoni), Puccini chiese di lavorare per rendere il soggetto “snello, efficace, e soprattutto esaltare la passione di Turandot per tanto tempo soffocata sotto la cenere del suo grande orgoglio”. Il vero ostacolo per il compositore fu, fin dall’inizio, la trasformazione del personaggio di Turandot da principessa fredda e vendicativa a donna innamorata, al punto che molti ritengono che l’opera sia rimasta incompiuta per questo motivo, piuttosto che per la malattia che lo colse (dopo aver scritto l’ultimo coro funebre – dedicato alla morte di Liù in cui raggiunse il massimo splendore della sua musica – non avrebbe più voluto continuare).
Una cosa è comunque certa. Turandot riflette una ricerca musicale avanguardistica in cui Puccini si apre alle tendenze più avanzate della musica novecentesca (impiego di liberi agglomerati armonici accanto ad arcaismi modali, politonalità e dissonanze). In questa opera sono stati riscontrati influssi, fra l’altro, di Debussy, Casella, Stravinskij e perfino Schönberg; ma anche uno stile rinnovato (v. il cantare di Turando- interrotto da pause e antimelodico – in contrasto con la passionalità di Calaf).
Ma qual è la sua trama?
Turandot, figlia dell’imperatore Altoum, sposerà chi saprà risolvere tre difficili indovinelli. Ma chi non vi riuscirà dovrà essere decapitato. Il principe di Persia è l’ultimo dei tanti pretendenti sfortunati. Tra la folla, il giovane Calaf riconosce suo padre – re tartaro spodestato e accecato – e Liù, sua devota schiava. Impressionato dalla regale bellezza di Turandot, Calaf – affronta la sfida – e risolve i tre enigmi. Molti anni prima – spiegherà la principessa – il suo regno era caduto nelle mani dei tartari e, una sua antenata nelle mani di uno straniero. Per questo ha inventato il rito degli enigmi, convinta che nessuno li avrebbe mai risolti. A questo punto, Calaf la scioglie dal giuramento, proponendole a sua volta una sfida: se la principessa, prima dell’alba, riuscirà a scoprire il suo nome, lui le regalerà la sua vita.
I ministri Ping, Pong e Pang offrono a Calaf qualsiasi cosa pur di conoscere il suo nome, ma il principe rifiuta. Nel frattempo, Liù e Timur vengono portati davanti ai tre ministri. Liù – dopo aver spiegato che è l’amore a darle la forza di subire molte torture – per non cedere strappa di sorpresa un pugnale a una guardia e si trafigge a morte. Dopo la collera, in Calaf – ancora una volta – vince l’amore. La principessa dapprima lo respinge, ma poi ammette di essere ormai travolta dalla passione, che li porta infine a scambiarsi un bacio appassionato. Mettendo la propria vita nelle sue mani, Calaf le rileva di il suo nome. La storia si concluderà con il matrimonio di Turandot e Calaf, felici e contenti.
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