Archive for dicembre 2022

“Mario Martusciello” al teatro Quirino (Roma, 26 dicembre 2022 -8 gennaio 2023)

dicembre 26, 2022

Mario Martusciello, funzionario benestante di banca, da tempo in burrascosa crisi matrimoniale, – in continua spasmodica ricerca di libertà, di cambiamenti, e di nuove esperienze – si è rifugiato da alcuni mesi in un moderno monolocale.

“Pervaso dall’adrenalina della novità – sottolinea Carlo Buccirosso –  si ritrova soggiogato dalla sindrome dell’”Erba del vicino”, ovverosia dalla sopravvalutazione di tutto quanto non gli appartenga, di ogni essere umano diverso da sé stesso, di qualsiasi tipo di emozione possa procurargli una donna che non sia uguale a sua moglie, come “una giovane avvenente influencer” conosciuta solo per caso…  È allora che quel senso di attrazione verso chi è diverso da te potrebbe anche trasformarsi in un’irrefrenabile follia omicida, e a quel punto… sotto a chi tocca”.

“L’erba del vicino” sarà pure più verde di quella dell’altro.

Ma ciò che conta è che non si macchi di rosso “sangue”…

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Turandot, e concerti al Teatro Verdi (Salerno, 26 e 28 dicembre 2022 – e capodanno 2023)

dicembre 25, 2022

Si ringrazia la Profssa Elena Paruolo per questo contributo.

A Salerno, nella calda atmosfera natalizia di una città rallegrata da belle luminarie –  nello splendido Teatro Verdi – sono
in programma, Turandot di Puccini e due concerti a Capodanno, con l’orchestra filarmonica di Salerno, e musiche di Puccini, Rossini, Strauss, Gershwin e Bernstein (previsto anche un concerto al mattino, a Ravello). Avere 2 concerti a Capodanno è una vera eccellenza salernitana: nata dalla richiesta della popolazione.

Il leitmotiv del Teatro Verdi di Salerno è: “ci muove la passione!”.

 “L’orchestra e il coro di Salerno – sottolinea il maestro Daniel Oren – sono eccezionali perché danno il cuore.  Lavorano con passione.  Ed è grazie a loro che si è riusciti a produrre Turandot: una grande opera, fantastica, ma anche difficile per i cambiamenti di tempi, i cori complicati ecc.   Puccini è un genio. Dà la possibilità di giocare con i colori dell’orchestra. La sua musica è una tavolozza. E si possono aggiungere altri colori… “.  Inoltre “Puccini non ha mai visto la Cina. Immagina una Cina sognante, non realistica, una fiaba, una magia che, nella produzione salernitana, si è cercato di ricostruire con le scene e con i costumi”, mettendo in risalto che la principessa Turandot, fredda e cattiva – “interpretata da una ragazza ucraina, con una voce potente e importante” – per Puccini “è un simbolo della donna che cerca l’amore”.

La vicenda di Turandot – ultima opera incompiuta di Puccini – nasce dall’idea di musicare una fiaba di Gozzi ispirata in particolare da uno dei racconti delle Mille e una notte, in un primo momento, dal musicista letta nella traduzione di Maffei di un adattamento schilleriano in lingua tedesca. Le principali divergenze dalla fiaba gozziana sono state rilevate nella motivazione atavica (stupro e uccisione di una sua ava) a Turandot fornita per il suo comportamento, da missione vendicativa personale; e in Liù – personaggio inesistente in Gozzi – il cui suicidio diventa, assieme al bacio di Calaf, un elemento fondamentale per lo sgelamento e umanizzazione di Turandot.

La vicenda si svolge in una Cina fiabesca dalla dimensione atemporale.

Ai suoi librettisti (Giuseppe Adami e Renato Simoni), Puccini chiese di lavorare per rendere il soggetto “snello, efficace, e soprattutto esaltare la passione di Turandot per tanto tempo soffocata sotto la cenere del suo grande orgoglio”.   Il vero ostacolo per il compositore fu, fin dall’inizio, la trasformazione del personaggio di Turandot da principessa fredda e vendicativa a donna innamorata, al punto che molti ritengono che l’opera sia rimasta incompiuta per questo motivo, piuttosto che per la malattia che lo colse (dopo aver scritto l’ultimo coro funebre – dedicato alla morte di Liù in cui raggiunse il massimo splendore della sua musica – non avrebbe più voluto continuare).

Una cosa è comunque certa. Turandot riflette una ricerca musicale avanguardistica in cui Puccini si apre alle tendenze più avanzate della musica novecentesca (impiego di liberi agglomerati armonici accanto ad arcaismi modali, politonalità e dissonanze).  In questa opera sono stati riscontrati influssi, fra l’altro, di Debussy, Casella, Stravinskij e perfino Schönberg; ma anche uno stile rinnovato (v. il cantare di Turando- interrotto da pause e antimelodico –  in contrasto con la passionalità di Calaf).

Ma qual è la sua trama?

Turandot, figlia dell’imperatore Altoum, sposerà chi saprà risolvere tre difficili indovinelli. Ma chi non vi riuscirà dovrà essere decapitato. Il principe di Persia è l’ultimo dei tanti pretendenti sfortunati. Tra la folla, il giovane Calaf riconosce suo padre – re tartaro spodestato e accecato – e Liù, sua devota schiava. Impressionato dalla regale bellezza di Turandot, Calaf  – affronta la sfida – e risolve i tre enigmi.  Molti anni prima – spiegherà la principessa –  il suo regno era caduto nelle mani dei tartari e, una sua antenata nelle mani di uno straniero. Per questo ha inventato il rito degli enigmi, convinta che nessuno li avrebbe mai risolti. A questo punto, Calaf  la scioglie dal giuramento, proponendole a sua volta una sfida: se la principessa, prima dell’alba, riuscirà a scoprire il suo nome, lui le regalerà la sua vita.

I ministri Ping, Pong e Pang offrono a Calaf qualsiasi cosa pur di conoscere il suo nome, ma il principe rifiuta.  Nel frattempo, Liù e Timur vengono portati davanti ai tre ministri. Liù – dopo aver spiegato che è l’amore a darle la forza di subire molte torture – per non cedere strappa di sorpresa un pugnale a una guardia e si trafigge a morte. Dopo la collera, in Calaf  – ancora una volta – vince l’amore.  La principessa dapprima lo respinge, ma poi ammette di essere ormai travolta dalla passione, che li porta infine a scambiarsi un bacio appassionato. Mettendo la propria vita nelle sue mani, Calaf le rileva di il suo nome. La storia si concluderà con il matrimonio di Turandot e Calaf, felici e contenti.

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Don Chisciotte all’Opera di Roma (18-31 dicembre 2022)

dicembre 18, 2022

“Don Chisciotte” e’ uno spettacolo bello, fresco, frizzante e appassionato.

Apre la stagione di Balletto dell’Opera di Roma, con coreografia di Laurent Hilaire; star internazionali della danza, come Isabella Boylston (principal dell’American Ballet Theatre) e Osiel Gouneo; costumi disegnati da Francesco Zito; scene firmate da Zito e Antonella Conte, e luci curate da Vinicio Cheli.     

La partitura musicale di Ludwig Minkus è eseguita dall’Orchestra dell’Opera di Roma diretta da David Garforth.

“Alcuni brani musicali originali – precisa Garforth –  sono stati composti nello stile di Minkus per fornire i collegamenti appropriati alla fluidità drammatica e coreografica della produzione”.

 “Questa versione – precisa il coreografo Hilaire (attuale direttore della Bayerisches Staatsballet) – è il frutto di una lunga storia che nasce dal primo debutto del Don Chisciotte di Petipa andato in scena al Bol’šoj di Mosca nel 1869”.  Facendolo rinascere, oggi si è scelto di non “immettere lo spettacolo nella rigida prigione di un codice che gli tolga respiro e comunicatività. Non si può utilizzare la tradizione come un vestito troppo stretto, impedendo all’opera di identificare una teatralità fresca e contemporanea”.

Il ruolo dei protagonisti sarà interpretato da ospiti internazionali come Isabella Boylston e Daniel Camargo (che danzeranno il 18, 20, 22 e 23 dicembre alleore 20.00) e Iana Salenko e Osiel Gouneo (che danzeranno il 29 e 30 dicembre alle ore 20).

La ballerina ucraina (principal dancer dello Staatsballett Berlin) e il ballerino cubano (principal del Bayerisches Staatsballett) danzeranno anche con le étoiles della compagnia del Costanzi: Iana Salenko con Alessio Rezza il 27 dicembre e Osiel Gouneo con Rebecca Bianchi nella recita di fine anno, il 31 dicembre alle 18.00.

 Il pubblico potrà applaudire le stelle del Costanzi, Rebecca Bianchi in coppia con Simone Agrò il 23 (15.00) e il 28 dicembre, Alessio Rezza con l’étoile Susanna Salvi il 21 (ore 20.00), 24 (ore 11.00) e 30 dicembre (15.00), e la coppia della recita matinée del 21 dicembre (11.00) composta dai danzatori del Corpo di Ballo Flavia Stocchi e MattiaTortora.

Dopo la prima di domenica 18 (19.00), sono previste tredici repliche. 

La nuova stagione di danza del Teatro dell’Opera di Roma proseguendo in continuità, potenzia il lavoro di valorizzazione della cultura ballettistica portato avanti dalla direttrice del Corpo di Ballo Eleonora Abbagnato.

BUON NATALE E BUON 2023

dicembre 18, 2022

I nostri migliori auguri a tutte le persone che ci seguono, e che ci leggono

SILVANA PARUOLO e ELENA PARUOLO

ASTOR al teatro Quirino (Roma, 19-25 dicembre 2022)

dicembre 16, 2022

La Compagnia del Balletto di Roma nel 2021 ha iniziato il suo viaggio nell’affascinante mondo del tango, in occasione del centenario della nascita di Piazzolla (1921).  Astor Pantaleon Piazzolla è un compositore – suonatore di bandoneon e arrangiatore argentino – che ha rivoluzionato il tango, e creando un nuovo stile chiamato nuevo tango: incorporando elementi del jazz e della musica classica, e utilizzando anche strumenti tipici del blues e del rock (come la chitarra elettrica, l’organo hammond, i sintetizzatori elettronici).

In questa nuova produzione, le musiche di Piazzolla (arrangiate da Luca Salvadori ed eseguite dal vivo dal bandoneón di Mario Stefano) emergono come vere protagoniste di una nuova armonia artistica danzata.

Valerio Longo, in scena, porta otto danzatori in un viaggio trasformativo in cui respiri, abbracci e fusioni sono al centro di azioni coreografiche intense, astratte e fuse.  A curare tutti gli elementi compositivi di quest’opera/concerto è la maestria di Carlos Branca, regista argentino.

Lo spettacolo prova a raccontare l’idea del viaggio, dell’esilio e del ritorno come una delle anime profonde della musica di Piazzolla.  

Il ricorrente suono del mare – anzi dell’oceano – prova a evocare le traversate piene di sogni e di speranze di tanti emigranti (come gli antenati di Astor) partiti nell’Ottocento dall’Italia per cercare fortuna nel Nuovo Mondo, ma anche i molti viaggi dello stesso Piazzolla tra le Americhe e l’Europa.

Il suono più importante resta quello del bandoneon, suonato magistralmente dal vivo da Mario Stefano Pietrodarchi.

E poiché la biografia di Pezzolla è scandita da precise tappe musicali, in un concerto di danza a lui dedicato, è stato inevitabile ripercorrere questo cammino, per raccontarlo. Così è nata una vera e propria colonna sonora, fatta principalmente dalle sue musiche indimenticabili, ma anche da altre, che lo hanno accompagnato e a volte influenzato:

  •  un celebre brano per organo di Bach (la toccata ‘dorica’ BWV 538)
  •  un celebre brano di Glenn Miller che riporta ai suoi anni difficili a New York,  in cui   
  •  Piazzolla incontra e conosce la straordinaria cultura afroamericana del jazz
  •  la celeberrima Volver di Gardel che  ricorda le sue prime esperienze musicali

La voce di Jorge Luis Borges ci ricorda la collaborazione tra il più grande scrittore argentino e Piazzolla, e il loro legame complesso e innovativo con la tradizione del Tango. Poco prima della fine di questo viaggio, fanno irruzione anche diversi suoni emblematici (ad esempio il ticchettare di un orologio) fanno irruzione).

Edipo re. Una favola nera al Teatro Parioli (14-18 dicembre 2022)

dicembre 14, 2022

La tragedia di Sofocle narra come Edipo, re carismatico e amato dal suo popolo, nel breve volgere di un solo giorno venga a conoscere l’orrenda verità sul suo passato: senza saperlo ha infatti ucciso il proprio padre per poi generare figli con la propria madre. Sconvolto da queste rivelazioni, Edipo reagisce accecandosi, e non solo…

In EDIPO RE. UNA FAVOLA NERA, in scena al teatro Parioli, quattro interpreti – Ferdinando Bruni e tre attori ‘under 35’ di grande talento –  danno corpo e voce a tutti i personaggi di questo mito, e viaggio, visionario e musicale. 

Ferdinando Bruni e Francesco Frongia (autori e registi) reinventano il rito della tragedia, usando maschere e costumi – essi stessi presenze scenografiche – e con un cast tutto maschile che avvicina il racconto a una dimensione onirica.     «La vicenda – sottolinea la regia –  ha l’andamento di una favola, con tanto di principe/bambino (abbandonato sui monti da un pastore che aveva ricevuto l’ordine di farlo morire), con l’uccisione di un mostro da parte del bambino – diventato nel frattempo impavido cavaliere – con il premio di una bella regina in sposa e di una corona di re. Come il “vissero felici e contenti” si ribalti in catastrofe è cosa piuttosto nota ed è fonte di ispirazione per innumerevoli variazioni che, dal capolavoro di Sofocle, arrivano fino al secolo appena concluso, passando per Seneca, Dryden e Lee, Thomas Mann, Hoffmansthal, Cocteau, Berkoff. Ed è quello che vogliamo raccontare nel nostro spettacolo, coniugando la tragedia con la fiaba”.

Una fiaba nera, intendiamoci!

Pippi calzelunghe al Teatro Olimpico (Roma, 21 dicembre 2022- 8 gennaio 2023)

dicembre 12, 2022

Dopo 13 anni, il bel musical progettato dalla famiglia Proietti, Pippi calzalunghe – l’amata eroina dalle inconfondibili treccine rosse, lentiggini e coloratissimi look –  nata dalla penna di Astrid Lindgren, con regia di Fabrizio Angelini, torna in scena al teatro Olimpico di Roma, nella versione italiana (della celebre favola) di Sagitta Alter e Carlotta Proietti. E con i suoi fedeli compagni di viaggio, Zietto (l’adorabile cavallo a pois) e Nilsson (una stravagante scrimmietta). 

Il musical è uno spettacolo vivace ed esuberante, con acrobazie e colpi di scena, costumi raffinati, l’elegante allestimento di Susanna Proietti, e tantissima musica.

L’eroina, cioè, Pippi é ribelle, anticonformista, allergica alle regole, indipendente, capace di sognare ad occhi aperti. Sa dare al denaro una importanza relativa. Ed è consapevole del valore dell’amicizia.

La sua interprete è una giovane attrice, Margherita Rebeggiani, che 5 anni fa ha interpretato Mary Poppins, e che oggi ha 18 anni.  Per lei fare la bambina “è stata una vera sfida: vinta!”.  

Pippi calzelungue – sottolinea Rebeggiani – “è la storia del bambino bullizzato che ha la sua rivincita sul mondo degli adulti.  Ma non agisce per ritorsioni. Vuole giocare. Gli adulti non giocano. Forse, vedendo lo spettacolo, gli tornerà un po’ di voglia di giocare”.

Furore al teatro Argentina (Roma, 6-18 dicembre 2022)

dicembre 9, 2022

Con la sua maestria interpretativa e sapienza registica, Massimo Popolizio torna sul palco del teatro Argentina  con Furore, capolavoro di John Steinbeck al teatro adattato da Emanuele Trevi: un affresco epico della Grande Depressione del ’29 che racconta lo straziante esodo (dalle regioni centrali degli Stati Uniti) dei braccianti, costretti a lasciare le proprie terre e attraversare la Route 66 (con  un viaggio di sfinimento, sopraffazione, paura e speranze verso la terra sognata della California) perché colpiti dalla crisi, e in fuga dalle tempeste di sabbia e dalla conseguente siccità che rendeva sterili le terre coltivate a cotone.

MassimoPopoliziano riesce a dar vita – solo parlando (anche se con l’aiuto di toccanti foto e video, e del suo bravissimo musicista) – a tantissimi uomini donne e bambini, che all’improvviso si sono ritrovati senza un passato e senza un futuro, e sempre piu’poveri, ed emarginati. Popolizio da’loro voce, e vita, rievocando anche altri americani, insensibili e malvagi…

Ne nasce uno spettacolo epico e poetico, oltre che di denuncia: commovente e forte!

Per certi aspetti, una ballata blues, amplificata dalle suggestioni sonore di Giovanni Lo Cascio e dalle immagini delle fotografie di Dorothea Lange e Walker Evans.

Più che a una «riduzione – sottolinea Emanuele Trevi –  riteniamo che un progetto drammaturgico su Furore debba tendere a esaltare le infinite risorse poetiche del metodo narrativo di Steinbeck, rendendole ancora più evidenti ed efficaci.  Durante la lettura, Massimo Popolizio darà vita a un one man show epico e lirico, realista e visionario, sempre sorprendente per la sua dolorosa, urgente attualità. Il controcanto è affidato al caleidoscopio di suoni realizzati dal vivo dal percussionista Giovanni Lo Cascio».

Attorno a Furore il Teatro di Roma ha costruito anche un ricco programma di iniziative culturali: una Mostra fotografica, un’appuntamento alla Nuvola (Dal libro al teatro), un Talk pubblico (Dall’America con “Furore”. Migrazioni climatiche dal 1930 a oggi) e Laboratori di lettura ad alta voce nelle scuole.

Ifigenia in Aulide al teatro Arcobaleno (Roma 9-18 dicembre 2022)

dicembre 9, 2022

Al Teatro Arcobaleno (il cui direttore artistico è Vincenzo Zingaro) – Centro Stabile del Classico riconosciuto dal Ministero della Cultura – è in scena Euripide: la sua tragedia “Ifigenia in Aulide”, nella versione italiana di Fabrizio Sinisi, con regia di Alessandro Machìa, con un interprete d’eccezione quale Andrea Tidona, e con Alessandra Fallucchi, Carolina Vecchia, Roberto Turchetta.

Rappresentata postuma nel 399 a.C. – in un periodo di profonda crisi della pòlis greca (di lì a poco ci sarebbe stata la disfatta di Atene contro Sparta e la fine di un modello democratico) – IFIGENIA IN AULIDE è l’ultima tragedia di Euripide. Gli dèi di fatto non vi sono più.  Dominano il discorso del potere, “umani troppo umani” e inadeguati al mito, ambizione e doppiezza, il privato al di sotto del mascheramento della parola pubblica.

Agamennone è costretto dalla necessità verso cui lo spingono gli eventi a sacrificare Ifigenia.  L’abbassamento di tutti i personaggi è funzionale all’innalzamento della giovane Ifigenia che decide di sacrificarsi.

E poco importa se la giovane si salva all’ultimo istante!

Ifigenia in Aulide al Teatro Arcobaleno (Roma, 9-18 dicembre 2022)

dicembre 9, 2022

Rappresentata postuma nel 399 a.C., in un periodo di profonda crisi della pòlis greca – di lì a poco ci sarebbe stata la disfatta di Atene contro Sparta e la fine di un modello democratico – IFIGENIA IN AULIDE è l’ultima tragedia di Euripide. Gli dèi di fatto non vi sono più. Vi dominano il discorso del potere; “umani troppo umani” e inadeguati al mito; ambizione e doppiezza; il privato al di sotto del mascheramento della parola pubblica.

In questa versione di Fabrizio Sinisi, Agamennone è costretto dalla necessità verso cui lo spingono gli eventi a sacrificare Ifigenia.

L’abbassamento di tutti i personaggi è funzionale all’innalzamento della giovane Ifigenia che decide di sacrificarsi.

Poco importa se la giovane si è salvata all’ultimo istante!