Posts Tagged ‘teatro quirino’

Riccardo III al teatro Quirino (Roma 16-21 maggio 2023)

Maggio 14, 2023

In una dimensione internazionale complessa – dominata da rigurgiti nazionalisti, intolleranza religiosa, razzismo, ecc. – questo dramma di /da Shakespeare è di drammatica attualità. 

Cosa spinge le persone a cadere nelle mani di un tiranno? Perché non ci si sottrae collettivamente alla violenza e alla sopraffazione? Perché la sfrenatezza è affascinante?

“Il viaggio di Riccardo III, qui interpretato da Paolo Pierobon – sottolinea la regista ungherese Kriszta Székely  dev’essere per tutti noi un esempio di quanto l’ardore e la ricerca sfrenata del potere non conosca limiti umani, e che chi pecca di prepotenza alla fine sarà prigioniero del proprio inferno. Si tratta di una parabola. Un esempio. Uno specchio insanguinato, una preghiera oscura con la speranza di un mondo migliore».

RiccardoIII e’messo in scena in una chiave, moderna e innovativa (anche per le scenografie multimediali): sorprendente, e anche scioccante per gli amanti della tradizione. Ne deriva uno spettacolo capace di catturare l’attenzione per la sua dimensione brillante, e da thriller che crea suspence, in una ben nota storia ( di sete di potere, corruzione violenza e spregiudicatezza, false promesse e tradimenti) del passato, con maestria, per certi aspetti aggiornata ad oggi. Interessante quindi l’immersione della (nota e pur atemporale) dinamica del potere, nei giorni nostri. Non mancano riferimenti alla Russia, all’Iran, alla Cina, alle fake news, alla difesa dei diritti umani, a armi e pace, all’apparizione sulla scena di tanti nuovi Riccardi III, e ad altri aspetti della nostra era. Bravissimi tutti e – ovviamente – il grande PaoloPierobon e la regista.

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Così è (se vi pare) al Teatro Quirino (Roma, 11-23 aprile 2023)

aprile 4, 2023

Così è (se vi pare) è un’opera teatrale di Pirandello, tratta dalla novella La signora Frola e Il signor Ponza, suo genero. 

Protagonista assoluto della scena è il fatto che la verità assoluta non esiste, e che la verità è per ciascuno “come pare”.Come conclude la signora Ponza “…io sono colei che mi si crede”.  “Ed ecco, o signori – conclude Laudisi – come parla la verità…Siete contenti?” (Scoppierà a ridere…)

In sintesi, questa la trama. La vita di una tranquilla cittadina di provincia viene scossa dall’arrivo di un nuovo impiegato, il Signor Ponza, e della suocera, la Signora Frola, scampati ad un terribile terremoto nella Marsica.  Si mormora, che assieme ai due sia giunta in città anche la moglie del Signor Ponza, anche se nessuno l’ha mai vista. Da qui l’affannosa ricerca della verità sulla signora Ponza: e viva? E morta? Quali sono i suoi legami con Ponza e la signora Frola?

Passando alla sua messa in scena al Quirino di Roma… “Ho chiesto  – sottolinea il regista Geppy Gleijeses  a un grande videoartist, Michelangelo Bastiani, di creare degli ologrammi assolutamente tridimensionali, donnine e omini alti 60 centimetri.  All’ingresso della Frola, quegli esserini li rivediamo in dimensioni normali. Piccoli uomini e donne che riprendono le loro reali fattezze di fronte alla grandezza e all’amore di una madre.  La scena (di Roberto Crea) è un buco nero, come lo aveva visto nel suo incubo Pirandello, disseminato di specchi, un labirinto di specchi, come in un terribile parco di divertimenti. O forse come ne “La signora di Shangai” di Orson Welles.  Da quegli specchi (specchi piuma, che se illuminati anteriormente sono specchianti, ma se retroilluminati perdono la caratteristica dello specchio per diventare vetro trasparente) scompaiono e a volte compaiono la signora Frola, il signor Ponza e la signora Ponza.  E Laudisi con quegli specchi gioca e spaventa il cameriere, perché lui sa che la verità assoluta non esiste, che ognuno ne ha una propria, che è vero solo quello che crediamo sia vero. Il resto è sogno, incubo, illusione.  Specchi e fantasmi, quelli che popolano da sempre e per sempre la mente di Luigi Pirandello. I filtri, tutti i filtri, attenuano la fisicità dei protagonisti, ma non la sofferenza. Il dolore è dolore vero. E senza remissione.  Le musiche di Teho Teardo sono astratte e dissonanti, e diversamente non poteva essere. I dodici attori, a cominciare da Milena Vukotic, Pino Micol e Gianluca Ferrato sono impagabili. La sofferenza è anche loro? La loro MASCHERA, come voleva Jung, dietro “l’inconscio collettivo”, il dolore, o piccole scorie di esso, ti restano appiccicate addosso, anche al calar della tela”.

Amori e sapori nelle cucine del principe, al Teatro Quirino (Roma, 28 marzo- 2 aprile 2023)

marzo 21, 2023

Nella Sicilia, 1862 – mentre sull’Italia soffiano i venti del nuovo Regno che si prepara ad unificare la penisola –  nei palazzi nobiliari l’artistocrazia decadente partecipa a balli e banchetti, come se niente potesse cambiare le sue abitudini..

Ma – mentre nei lussuosi saloni soprastanti si consuma l’ennesimo opulento banchetto – nelle cucine del palazzo si azzuffano i cuochi, si tirano padelle ma soprattutto si svelano amori impensabili.

Così, Amori e sapori nelle cucine del principe si dipana tra rivelazioni, e succulenti litigi, attraverso lo scontro di Teresa – la cuoca ( ex-prostituta prediletta del principe da cui e’nato un figlio) – e Monsù Gaston (cuoco mandato in aiuto dallo stesso principe).

LA MADRE al teatro Quirino (Roma, 14-26 marzo 2023)

marzo 14, 2023

La madre di Zeller – opera sull’amore materno per il figlio maschio – al teatro Quirino è un’intensa Lunetta Savino.  In un vortice confuso tra allucinazioni e realtà, lo spettacolo si sviluppa nel racconto di un amore materno patologico.  

La madre è una donna che non si arrende ad essere lasciata, che vive nel passato e che vorrebbe irrimediabilmente fermare il tempo, riprendersi suo figlio e rubarlo alla fidanzata.  Ricorre ad ogni suo mezzo per riconquistarlo, prima facendo leva suoi sensi di colpa e poi “freudianamente” cercando di attirarlo. Ma questo suo attaccamento morboso è ciò che la porta piano piano a perdere tutti. Viviamo con lei, arrivando all’ospedale in cui finisce, sola e ormai pazza.

Il senso di colpa non basta più per tenere vicini i figli. Nel dolore del lasciarli andare ci sarebbe da lasciar andare una parte di sé per rinascere nel distacco.

La roba di Giovanni Verga al teatro Quirino (Roma,7-12 marzo 2023)

marzo 5, 2023

Da anni, la Compagnia Progetto Teatrando promuove i classici della letteratura siciliana, attraverso un lavoro di riscrittura drammaturgica.

E ora – in occasione dei 100 anni dalla scomparsa di Giovanni Verga – al teatro Quirino di Roma mette in scena uno dei suoi capolavori, e cioe’, La roba, con l’eccellente interpretazione di Enrico Guarneri unanimamente riconosciuto e apprezzato interprete dei personaggi verghiani.

Rielaborazione drammaturgica – e messinscena – esaltano la crudezza verista dell’autore.

La roba e’ una novella, pubblicata per la prima volta sulla rivista La Rassegna settimanale, e successivamente inclusa nella raccolta Novelle rusticana (1883).

Nessun vincitore tra i loro protagonisti, solo vinti.

Nessuna speranza di riscatto ma solo la crudezza della loro miserabile esistenza.

La ricchezza di Mazzaro’ crea solo altri vinti perche’ – per lui – l’unico valore e’ la roba, che non puo’portare con se’nell’aldila’: per questo si dispera e vuole che la roba muoia con lui.

Il narratore non mostra mai riprovazione per i suoi sistemi per divenire ricco, ne’per la sua aridita’ sentimentale, ne’per la sua brutalita’ nei confronti di lavoranti e fittavoli (rovinati dalla sua avarizia di usuraio).

Testimone d’accusa di Agatha Christie al Quirino (Roma, 17-29 gennaio 2023)

gennaio 13, 2023

Al Quirino di Roma è in scena “Testimone d’accusa” di Agatha Christie, il cui spunto – come spesso accade nelle opere della Christie – parte dalla storia di una donna tradita dal marito più giovane. E’ uno spettacolo straordinario – ricco di colpi di scena, e senza alcun punto morto o sbavatura – che, con i suoi eccellenti attori, tiene desta l’attenzione del pubblico dall’inizio alla fine!

”Agatha – sottolinea il regista Geppy Gleijeses –  è un genio e tale per sempre resterà. E qui, più che in Trappola per topi, più che in Dieci piccoli indiani questo diamante luccica in tutto il suo splendore”. 

Il testo teatrale – rispetto al film capolavoro che ne trasse Billy Wilder – non concede tregua alla tensione.  E – nella schiena di chi osserva – affonda come una lama di coltello affilatissima.

In questo dramma, il gioco non verte tanto sulla psicologia dei personaggi (simulatori occulti, assassini, grandi avvocati) quanto sulla perfezione del meccanismo: un meccanismo infernale e con un colpo di scena dopo l’altro.

“Naturalmente – sottolinea ancora Geppy Gleijeses – metterlo in scena richiede un cast di livello superioree un realismo (non certo naturalismo) rigidissimi. E una dovizia di mezzi scenografici e recitativi.  Io l’ho messo in scena con Giorgio Ferrara, Vanessa Gravina, Giulio Corso, e altri 9 attori, tutti perfettamente aderenti ai ruoli.   In scena avremo lo stenografo che scriverà (con il particolare ticchettio) tutti i verbali del processo su una macchina stenografica autentica del 1948 (la commedia è del ‘53), i sei giurati saranno scelti tra il pubblico sera per sera, e chiamati a giurare e ad emettere il verdetto. Buoni brividi a tutti!”.

“Uno nessuno e centomila” al teatro Quirino (Roma 10-15 gennaio 2023)

gennaio 8, 2023

La visione del mondo di Luigi Pirandello affonda le sue radici nel più estremo spiritualismo, nemico giurata del materialismo, e di tutti i lacci sociali, che irretiscono la libera espressione spirituale dell’uomo. L’ultimo suo romanzo – UNO NESSUNO E CENTOMILA-  è, secondo lo stesso autore, il suo romanzo “più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita”. 

Questa, in estrema sintesi, la sua trama.   Vitangelo Moscarda –  figlio di un banchiere con fama di usuraio dal quale ha ereditato una banca – accorgendosi casualmente che il suo naso pende verso destra, incomincia a percorrere un viaggio in cui scopre di non essere, per gli altri, quello che crede di essere. Cercherà quindi di distruggere le molte immagini che gli altri vedono di lui, fino a diventare aria, vento, puro spirito.   Per affrancarsi da “tutte le rabbie” del mondo (l’eros, la violenza, il denaro) distrugge lo sciocco Gengè (tanto desiderato dalla moglie Dida) e la società bancaria.  E alla fine si ritrova in un “ospizio di mendicità” edificato da lui stesso con il denaro ottenuto dalla liquidazione della banca, e offerto in beneficenza a tutti i poveri e agli sperduti come lui.  La sua nuova vita sembra davvero la vita pura di un angelo.  

Siamo dinanzi a un romanzo che – come sottolinea giustamente il regista Antonello Capodici – è “attualissimo nella descrizione della perdita di senso che l’Uomo contemporaneo subisce a fronte del sovrabbondare dei macro-sistemi sociali (dallo Stato alla Famiglia, dall’istituto del Matrimonio al Capitalismo, dalla Ragione alla Follia) che finiscono con l’annullarlo, inglobandolo. Oggi parleremmo di “disfunzionalità” e “disturbi del comportamento”.   Pirandello, infatti, anticipando di decenni le conclusioni della “Gestalt”, descrive, in realtà, dei sintomi.  Scopre una vasta rete di disturbi e nevrosi (personalità istrioniche, disturbi “borderline”, manie compulsive, ansie da controllo, disfunzionalità dell’umore, bipolarismo) epitome di un più ampio malessere, che contagia le società moderne come, tutt’oggi, le intendiamo”. 

Nella sua messa in scena a Roma, al teatro Quirino, Pippo Pattavina – furente doppio di sé stesso nelle vicende più dolorose – è lo spensierato narratore in “flash-back”.   Invece Marianella Bargilli interpreta, sia la moglie Dida, sia la “quasi amante” Maria Rosa, “provocantemente ingenua, in maniera speculare, costretta com’è nel suo disturbo evitante”.   “La scena – sottolinea il regista – è abbacinante. Di un bianco perfetto, luminoso, totale. Una scatola bianca. La mente del Protagonista, certo.  Ma anche una cella, una stanza d’ospedale o di manicomio. E’ un luogo “non-luogo”, che però si riempie subito di visioni.  E non tragga in inganno la struttura tradizionale del romanzo d’origine. Rimane la libertà del racconto. La forza redentrice del relativismo, il sollievo del ridicolo. Narrazione /interpretazione / esposizione: le atmosfere oniriche, le evocazioni. Lo smobilitamento finale del trauma, che rimanda alle moderne tecniche dell’MDR”.

Il malato immaginario al teatro Quirino (Roma, 6 novembre-11 novembre 2022

dicembre 4, 2022

Il Malato originario è una commedia-balletto di Molière (scritta nel suo ultimo anno di vita e intrisa di realismo) che, con la propria satira, vuole colpire, sia la mania ipocondriaca del malato immaginario, sia l’imperizia dei medici che cercano di prendersene cura.

Questa, in estrema sintesi, la trama del testo – che non manca di suscitare ilarità! – del grande drammaturgo francese.  L’ipocondriaco Argante ha interesse a desiderare un Medico come genero. Vuole quindi la figlia Angelica – innamorata di Cleante – vada in sposa a Tommaso Diaforetico, figlio del Dottor Diaforetico, nipote del Dottor Purgone. La moglie Belinda è d’accordo.  Beraldo accusa suo fratello Argante di non avere malattie e di essere schiavo delle sue fobie, oltre che della medicina e dei medici. Quando i matrimonio di Angelica voluto da Argante salta, questi decide di mandare Angelica in convento. Così la serva Tonietta (dopo una farsa in cui finge di esser medico) convince il padrone di casa a fingersi morto, prima dinanzi a Belinda, e poi dinanzi ad Angelica. A differenza della moglie, quest’ultima è disperata.  Argante – che reagirà di conseguenza – viene poi convinto a diventare lui stesso medico….

 “Il malato immaginario – sottolinea da parte sua il regista Guglielmo Ferro – ha più paura di vivere che di morire, e il suo rifugiarsi nella malattia non è nient’altro che una fuga dai problemi, dalle prove che un’esistenza ti mette davanti.   La tradizione, commettendo forse una forzatura, ha accomunato la malattia con la vecchiaia, ma Molière lo scrive per se stesso quindi per un uomo sui 50 ann Proprio per queste ragioni un grande attore dell’età di Emilio Solfrizzi potrà restituire al testo un aspetto certe volte dimenticato. Il rifiuto della propria esistenza.  La comicità di cui è intriso il capolavoro di Molière viene così esaltata dall’esplosione di vita che si fa tutt’intorno ad Argante, e la sua continua fuga attraverso rimedi e cure di medici, crea situazioni esilaranti. Una comicità che si avvicina al teatro dell’assurdo. Si ride, tanto, ma come sempre l’uomo ride del dramma altrui” .             

I Vicere’ al Teatro Quirino (29 novembre-4 dicembre 2022)

novembre 28, 2022

Pubblicato nel 1894 a Catania, lI Viceré è il romanzo più celebre di Federico De Roberto, ambientato sullo sfondo delle vicende del risorgimento meridionale, qui narrate attraverso la storia di una nobile famiglia catanese, quella degli Uzeda di Francalanza, discendente da antichi Viceré spagnoli della Sicilia ai tempi di Carlo V.

Quando uscì non ebbe fortuna perché il naturalismo stava ormai declinando (a favore della reazione spiritualistica di D’Annunzio, Fogazzaro, Pascoli) e il suo tono troppo pessimistico e la forma poco elegante non erano graditi in un momento in cui trionfavano nazionalismo e formalismo. Il suo clamoroso insuccesso (cui molto contribuì la critica negativa di Benedetto Croce) ha segnato tutta la carriera di De Roberto: come Tomasi di Lampedusa (e il suo Gattopardo) anche lui sarà glorificato post-mortem.

Sia nelle scene corali che in quelle più intime, la trasposizione scenica – ricca, viva, dinamica, kolossal – ne conserva la freschezza narrativa, l’umorismo nero, e lo stupore dell’intreccio narrativo.

L’Io narrante è affidato a Don Blasco (religioso per interesse, puttaniere, baro, straripante di vizi ma anche di intelligenza e ironia): un sorprendente anti-eroe.

“Il Crogiuolo” di A.Miller a Roma, teatro Quirino (22 – 27 novembre 2022)

novembre 19, 2022

Il crogiuolo in scena al teatro Quirino di Roma è un gran bello spettacolo – di grande qualita’ e senza alcuna sbavatura o tempo morto – che di certo non si dimenticherà nel corso degli anni, che cattura l’attenzione degli spettatori dall’inizio alla fine, e che non lascia indifferenti.

Lo spettacolo – a prescindere da confini di tempo e di spazio – e’ anche una forte, ed efficace, denuncia di ogni forma di manicheismo (e delle sue terribili conseguenze).

Bravissimi tutti nella loro coralità, e nei singoli ruoli.

Filippo Dini – dopo il successo di Così è (se vi pare), Casa di bambola e The Spank – affronta uno dei testi più lucidi e impietosi della drammaturgia americana: “Il crogiuolo” di (The Crucible) di Arthur Miller, debuttato a Broadway il 22 gennaio 1953, che evidenzia come la piccola società di Salem venga condotta alla pazzia attraverso la superstizione, la paranoia e la cattiveria delle persone
Ambientato a Salem (Massachusetts) nel 1692, “Il crogiuolo” sfrutta l’evento storico della caccia alle streghe (144 persone furono processate e 19 furono giustiziate mediante impiccagione!) per tracciare un implicito parallelo con il Maccartismo americano degli anni cinquanta (definito anche “caccia alle streghe rosse”). “L’arma della delazione – sottolinea lo stesso Dini – fu il più potente ed efficace strumento adottato dalle autorità statunitensi nella lotta al Comunismo (la stessa arma con la quale fu accusato Arthur Miller dal suo amico Elia Kazan) e con la stessa ferocia e la stessa meschinità, l’arma della delazione sostiene tutto l’impianto narrativo della lotta alle streghe di Salem”.
Questa la trama di Miller.

Betty è caduta in uno stato di incoscienza dopo essere stata scoperta dal padre nella foresta ad eseguire riti occulti con la cugina Abigail e alcune amiche. Accusate di essere preda di un maleficio, Abigail (che sedotta e abbandonata scatenerà una spaventosa vendetta) – con Betty improvvisamente risvegliata – accusa di stregoneria alcuni abitanti del paese. Le loro false dichiarazioni scatenano un’ondata di isteria e paura a Salem. Mary Warren confessa che le sue amiche stanno solamente fingendo, ma non vuole fare questa confessione in tribunale, perché teme una ritorsione da parte delle ragazze. In tribunale emerge una logica perversa: chi confessa falsamente la stregoneria e fornisce i nomi degli altri diventa innocente, chi non confessa, perché effettivamente non ha nulla da confessare, rimane colpevole. John Proctor induce Mary Warren a dichiarare la verità, ma alle dichiarazioni della ragazza seguono le puntuali smentite di Abigail. Per una serie di menzogne. Proctor viene poi arrestato. Il reverendo Hale, che ha capito la logica ingiusta delle autorità, cerca di convincere i detenuti a confessare il falso per essere salvati. John Proctor dichiara di avere a che fare con la stregoneria. Ma… per il suo rifiuto di fare altri nomi è condannato a morte.

“Miller – sottolinea Filippo Dini – ci racconta di come l’obbedienza alle regole del vivere comune possa sostenere saldamente le colonne portanti di una comunità e al tempo stesso gettarla con grande velocità nel caos più profondo, e nella follia. (…) Dopo più di due anni di pandemia e l’evolversi delle atrocità in Ucraina, questo testo suona adesso una musica nuova e terribile: noi stessi e la nostra epoca ribolliamo nel crogiuolo dell’orrore e della meschinità”.