Al Quirino – con regia di Gabriele Lavia – torna in scena l’intramontabile “Berretto a sonagli”.
Questa la trama del testo pirandelliano. Ciampa, scrivano del cavaliere Fiorica – tradito dalla moglie – tollera la situazione pur di salvare il suo pupo e la faccia. A suo avviso, portiamo tutti sulla fronte tre corde come d’orologio, e cioè, “la seria, la civile, la pazza. Sopra tutto, dovendo vivere in società, ci serve la civile”. Invece, Beatrice, moglie del cavaliere, fa esplodere uno scandalo. Ma tutta la famiglia le va contro (la madre, il fratello, la serva) al punto che alla fine si fa ricoverare in manicomio -fingendosi matta – per essersi comportata da pazza / e ricostruire l”ordine da lei rotto.. Ha bollato con un marchio d’infamia tre persone, uno, d’adulterio; un’altra, di sgualdrina; e Ciampa, di becco (tutti oramai sanno che porta il berretto a sonagli, da pagliaccio).
“Il Berretto a Sonagli – sottolinea quindi Gabriele Lavia – è una tragedia della mente. Pirandello mette sulla scena uno di quegli uomini invisibili trattato come se fosse niente, dissolto nel “nulla” del mondo. E sul nostro palcoscenico, “come trovati per caso”: un vecchio fondale “come fosse abbandonato” e pochi elementi, “come relitti” di un salottino borghese, e “per bene”, dove viene rappresentato un banale “pezzetto” di vita di una “famiglia perbene” o di una “famigliaccia per bene” che fa i conti con l’assillante angoscia di dover essere “per gli altri”, di fronte agli altri”.
Ciampa – come se la propria vita fosse, una recita per “gli altri” – ha un mondo suo, ma solo di nascosto. Di giorno – scrive – “Io sono il ‘si dice’”.
” Questo “io” – sottolinea Lavia – è uno, nessuno e centomila. L’unica speranza è difendere l’“io” dall’aggressione degli altri. Ma come? Ciampa usa spranghe alle porte, catenacci, paletti. Ma non ci riesce. È costretto a uscire, a “sporcarsi le mani”, direbbe Sartre”.
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