Và pensiero al Teatro di Roma – 13-18 novembre 2018

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VA PENSIERO – grande creazione corale su drammaturgia di Marco Martinelli, che condivide l’ideazione e la regia con Ermanna Montanari – è una storia italiana di bellezza e di malaffare, di mafia e di declino, con tracce di rinascita, che pone a stridente confronto gli ideali e la “speranza” risorgimentali, inscritti nella musica di Giuseppe Verdi, con il degrado e la corruzione dell’Italia attuale.

 La storia – ambientata in una piccola città dell’Emilia Romagna all’inizio del secolo – narra di un coraggioso vigile urbanoe, e quell’intreccio di mafia, politica e imprenditoria “disponibile” che sta avvelenando il tessuto sociale della regione che ha visto nascere il socialismo e le prime cooperative.  L’antica melodia di Verdi diventa un grido vibrante di speranza, perché si ritrovi il senso di parole come “democrazia” e “giustizia”.

Lo spettacolo in due atti vede in scena l’ensemble del Teatro delle Albe insieme ad altri attori “ospiti” e un coro dal vivo, la Corale Polifonica Città di Anzio, che eseguirà arie e corali dalle opere verdiane.

« Và pensiero – spiega Marco Martinelli prende spunto da un fatto di cronaca. Una storia avvenuta a Brescello nei primi anni del 2000. Un vigile urbano, Donato Ungaro, si è messo di traverso davanti agli affaracci della giunta e per questo è stato licenziato. Ma ha tenuto la schiena dritta, non ha avuto paura di perdere il lavoro ed è di pochi mesi fa la notizia che ha vinto la causa e sarà rimborsato. Anche in questo senso è una storia che pur attraversando il nero, però apre alla speranza, alla possibilità che il cuore non sia corrotto”.

Ma – spiega ancora Marco martinelli – ha anche due aspetti visivi.

Da una parte è un paesaggio.. un paese che è un popolo – in scena ci sono dieci attori e venti coristi – ed è la terra che noi amiamo…. Dall’altra parte però, davanti a un paesaggio di popolo, di terra, ci sono dei primi piani cinematografici fortissimi: ognuna delle dieci figure, che sono i pilastri narrativi della storia.. Se lo scontro fra la Zarina e il vigile Vincenzo Benedetti è il centro della storia, tutte le altre figure sono altrettanto fondamentali: Stefania Sacchi, consulente finanziaria, Olmo Tassinari amico d’infanzia della Zarina, Antonio Dragone, imprenditore n’dranghetista, Edgardo Siroli, ufficio stampa del Comune, Rosario e Maria, gelatai fuggiti da Napoli, Sandro Baravelli, imprenditore quasi onesto e Licia, segretaria, che fa tutto quello che le dice la Zarina e ne subisce gli insulti».

Il sindaco di questo paese la Zarina – “è una figura che vomita bruttezza, che vomita una spudoratezza del potere… Il rapporto drammatico tra figlia e padre, che l’ha imposta nel partito, emerge nel monologo in cui la Zarina parla al cuore, all’anima degli spettatori – che hanno già visto la sua corruzione – dicendo “Perché dovrei agire giustamente? A quale principio morale, a quale Legge dovrei sottostare? Quali Tavole della Legge dovrebbero fermarci? Libertè, Egalitè, Fraternitè? La Grande Rivoluzione Comunista? Il sol dell’Avvenire? Di quale Avvenire?”.

La Zarina è lo specchio della nostra coscienza più buia.

Aldilà dei valori che crediamo di portare avanti “c’è – sottolinea Martinelli –  un momento  in cui la terra ci manca sotto i piedi, e noi stessi siamo a un passo dall’abisso, nessuno di noi è innocente. In Va pensiero ci siamo interrogati in primis sulla nostra interiore corruzione.

 

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