
C’è poi il capitolo della condizionalità per i paesi dell’Est (Polonia e Ungheria in particolare) che prevede di legare i fondi Ue al rispetto dello Stato di diritto: chi non lo farà perderà finanziamenti. La condizionalità legata al rispetto delle regole sui conti e riforme è invece rinviata a un altro documento. Roma e Berlino chiedevano – guardando a Visegrad – il taglio di risorse per chi non ospita i rifugiati. Buxelles ha invece inserito l’integrazione tra i criteri (insieme a Pil e disoccupazione) per stabilire le percentuali di fondi che andranno ai singoli paesi.
Adesso la parola passa agli Stati membri e al Parlamento europeo (PE) che – sulla base della proposta della Commissione – inizieranno i negoziati che porteranno alla formulazione finale del bilancio post – 2020. La Germania si è già dichiarata disponibile a pagare di più ma vuole “maggiore equità”. Francia (“gli aiuti diretti agli agricoltori sono essenziali”) e Italia lamentano il taglio per la politica agricola. Danimarca Svezia Olanda e Austria non vogliono versare più soldi all’UE. I paesi dell’Est sono già sulle barricate perché temono un taglio dei fondi strutturali. Da parte loro, Roma e Berlino vedono nel bilancio UE ( e la minaccia di tagliare i fondi UE) l’occasione per spingere gli antieuropeisti della Mitteleuropa nera – e i paesi del quartetto di Visegrad (Polonia Repubblica ceca Slovacchia e Ungheria) – ad accettare una maggiore solidarietà sui migranti; e che l’Europa conceda maggiori risorse (a Italia e Grecia) per affrontare l’emergenza migranti.
Il Gruppo S&D (Socialisti & Democratici) del PE ha già annunciato che si batterà , insieme alle regioni ed enti locali, per limitare i tagli e rilanciare una politica di coesione moderna, efficace e per tutte le regioni, e anche per un bilancio adeguato per l’agricoltura del futuro.
Inoltre resta da vedere se le proposte sul tavolo sono sufficienti – ed adeguate – anche per garantire un’attuazione effettiva del Pilastro europeo dei diritti sociali. Ed è evidente che per il paese Italia sarebbe cosa utile avere al più presto un governo autorevole ai tavoli del negoziato UE.
Non saranno inutili anche delle precisazioni sul riassetto dell’eurozona, incardinato sul Pacchetto di misure presentate dalla Commissione nel dicembre 2017 (di ben dubbia sintonia con gli interessi italiani). La Direttiva proposta affievolirebbe le sensate deroghe alla severa disciplina sui conti pubblici (v. il Fiscal Compact). E non prevede alcuna regola per scongiurare squilibri – dannosi – quale il prolungati surplus commerciali nel mercato unico, a vantaggio di alcuni Paesi.
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