Glauco Mauri e Roberto Sturno – diretti da Andrea Baracco – tornano a Beckett, mettendo in scena “Finale di Partita”, testo cardine del ‘900, con Elisa Di Eusanio e Mauro Mandolini, scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta, e musiche di Giacomo Vezzani..
Nel gioco degli scacchi, il finale di partita designa la terza e ultima parte dell’incontro, dopo l’apertura e il medio-gioco. Non tutte le partite a scacchi si chiudono con il finale di partita. Se vi è una grande differenza tra la bravura dei due giocatori, spesso il migliore riesce a battere l’avversario già nel medio-gioco, quando non addirittura nella fase di apertura. Quando invece i due sfidanti sono entrambi esperti è facile che l’incontro si protragga a lungo e si giunga dunque al finale di partita, una fase caratterizzata dall’esiguo numero di pezzi superstiti sulla scacchiera e dal fatto che il re non è più soltanto un pezzo da difendere ma diventa anche una figura di attacco. Questo preambolo scacchistico è necessario per analizzare questo capolavoro del teatro beckettiano: Finale di partita.
L’analogia tra il contenuto del testo e il gioco degli scacchi è stata espressa dallo stesso Beckett, che ha spiegato “Hamm è il re in questa partita a scacchi persa fin dall’inizio. Nel finale fa delle mosse senza senso che soltanto un cattivo giocatore farebbe. Un bravo giocatore avrebbe già rinunciato da tempo. Sta soltanto cercando di rinviare la fine inevitabile“.
“E’ la tragedia del vivere che diventa farsa o è la farsa del vivere che diventa tragedia? – si chiede Glauco Mauri – Ho sempre considerato Beckett non uno scrittore del teatro dell’assurdo ma un grande poeta della difficoltà del vivere dell’uomo. Ed è questo che – con Andrea Baracco – cerchiamo di far vivere sulle tavole del palcoscenico”.
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