Il 16 marzo scorso, il Presidente Donald Trump – presentando la sua prima finanziaria – ha annunciato tagli pesantissimi per l’Epa (che dovrà fare i conti con una riduzione del 30% del suo budget). Appena due settimane dopo – il 28 marzo 2017 – ha firmato l'”Energy Independence”, un ordine esecutivo, in favore delle inquinanti fonti fossili, che cancella buona parte delle iniziative adottate dall’amministrazione Obama sul cambiamento climatico, dando il via al processo legale che dovrebbe portare al ritiro e alla riformulazione del “Clean Power Plan“, voluto da Obama e diventato legge nell’agosto 2015.
“In aprile – primo segnale, al di fuori dei confini Usa, dell’inversione a U sul clima intrapresa dal presidente Trump – il G7 dell’Energia (che il 9-10 aprile 2017 ha tenuto occupati i ministri competenti di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito, Usa e Commissione Ue) si è concluso senza la firma di una Dichiarazione congiunta.
Questo perché – ha precisato il ministro Calenda – “una joint declaration non avrebbe coperto tutti gli argomenti. L’amministrazione Usa ci ha detto che sta svolgendo un processo di revisione (e quindi si riserva sulla sua posizione) delle politiche climatiche”, della politica energetica e in particolare sul tema del climate change e dell’accordo di Parigi-COP21 (il cui obiettivo era di mantenere un innalzamento del termometro di soli 2 gradi entro la fine del secolo,e possibilmente anche meno, cioè 1,5 gradi).
“L’impegno a implementare l’accordo di Parigi rimane forte e deciso da parte di tutti i Paesi del G7, salvo gli Stati Uniti”precisa ancora Calenda. “L’Europa rispetta le opinioni di tutti – ha sottolineato anche il premier Gentiloni – ma non accetta passi indietro sulle scelte strategiche che abbiamo compiuto sui cambiamenti climatici, a partire dalla Cop21 di Parigi”. “L’accordo di Parigi sul clima – ha commentato, da parte sua, il Presidente francese Hollande – è irreversibile, ci sono ancora delle reticenze. Ma l’Europa deve far sentire la sua voce”.
Sugli esiti della COP 21 e della COP 22 – non sarà inutile ricordarlo – mi sono soffermata in particolare in due articoli pubblicati in Il giornale dei Comuni (v. http://www.gdc.ancitel.it/18177-2/ e http://www.gdc.ancitel.it/lotta-ai-cambiamenti-climatici-risultati-impegni-e-prospettive-della-cop-22/#.WDbJAI1V9s4.twitter).
“La dichiarata spinta degli Usa su carbone e petrolio – ha sottolineato Ermete Realacci, Presidente della Commissione Ambiente della Camera – non può frenare né il mondo né l’Europa”. L’atteggiamento degli altri 6 Paesi del G7 – e della Commissione Ue – lo conferma: l’energia del futuro non può non tenere conto del cambiamento climatico in atto; e di tutto quanto questo comporta (scioglimento dei ghiacci, desertificazione – favorita anche dal parallelo progressivo aumento del taglio delle foreste – alluvioni, maremoti ed eventi estremi, erosione delle coste, cambiamento geografico sempre più veloce nelle coltivazioni agricole quali ad esempio la vite, migranti climatici ecc.).
Il G7 energia ha raggiunto un accordo sugli sforzi congiunti per garantire la sicurezza energetica dell’Ucraina, il ruolo futuro del gas, compresa l’importanza del Gnl e l’interconnessione da diverse fonti, la cybersecurity nel settore energetico. L’italia ha ribadito l’importanza, sia della diversificazione delle fonti e delle rotte, sia dell’EastMed pipeline project che collegherà le riserve gas da Israele alla Grecia, via Cipro e Creta.
All’apertura dell’ultimo giorno di lavori dell’incontro gli attivisti di Greenpeace avevano consegnato ai ministri delle sette grandi potenze mondiali un gigantesco termometro, simbolo della temperatura del Pianeta che continua a salire. Un’azione pacifica per ricordare ai Paesi ”quanto fosse importante rispettare gli impegni presi alla COP21, chiedendo loro di isolare le posizioni negazioniste e anti-scientifiche della nuova amministrazione Trump, rappresentata al tavolo dal segretario di Stato del dipartimento energia Rick Perry” (negazionista climatico).
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